La Corte ripercorre i limiti del sindacato sulla motivazione in sede di legittimità : il discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia: a) sia “effettiva” e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”…… La categoria logico-giuridica del travisamento della prova deve essere tenuta distinta da quella concernente il vizio di travisamento del fatto. La prima, infatti, a differenza del secondo, implica non una rivalutazione del fatto, che è incompatibile con il giudizio di legittimità, ma la constatazione che esiste una palese divergenza del risultato probatorio rispetto all’elemento di prova emergente dagli atti processuali e che, quindi, una determinata informazione probatoria utilizzata in sentenza, oggetto di analitica censura chiaramente argomentata, è contraddetta da uno specifico atto processuale, pure esso specificamente indicato. La recente riformulazione dell’art. 606 lett. e) c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, non confermando l’indeclinabilità della regola preclusiva dell’esame degli atti processuali ed ammettendo un sindacato esteso a quelle forme di patologia del discorso giustificativo riconoscibili solo all’esito di una cognitio facti ex actis, colloca il vizio di travisamento della prova, cioè della prova omessa o travisata, rilevante e decisiva, nel peculiare contesto del vizio motivazionale, attesa la storica inerenza di esso al tessuto argomentativo della ratio decidendi (Cass. Sez. 6^, 20 marzo 2006, rv. 233621; Cass., Sez. 1^, 9 maggio 2006, rv. 233783;Cass., Sez. 2^, 23 marzo 2006, rv. 233460; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2006, rv. 233789; Cass., Sez. 4^, 28 aprile 2006, rv. 233783; Cass., Sez. 3^, 12 aprile 2006, rv. 233823).(Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 31406/15; depositata il 20 luglio)
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