Due imputati irreperibili vengono condannati nei gradi di merito , ma deducono tranne il loro difensore che essendo la fase delle indagini svolte tramite e intercettazioni ed essendo il loro numero di telefono noto alle forze dell’ordine , si sarebbe dovuto tentare anche un contatto telefonico per indirizzare meglio e notifiche ; la Cassazione gli dà ragione affermando che <<Ai fini della rituale emissione del decreto di irreperibilità e della conseguente notifica dell’atto giudiziario presso il difensore di ufficio, secondo quanto prescritto dall’art. 159 c.p.p., le ricerche dell’indagato o imputato, destinatario dell’atto, non devono essere limitate ai luoghi espressamente indicati da detto articolo. La presenza nel testo della norma dell’avverbio “particolarmente”, sta ad indicare che a quei luoghi specificamente menzionati deve essere accordata preferenza ma non che ad essi solo deve essere circoscritta la ricerca del destinatario della notifica, rimanendo salva la possibilità di estenderla altrove e con altri mezzi. In definitiva la ratio della norma è quella di assicurare un’effettiva ed efficace ricerca dell’indagato o imputato in tutti i posti dove, per conoscenze o informazioni acquisite, si presuma possa trovarsi, prima di emettere il decreto di irreperibilità, utilizzando nei modi più efficaci notizie ed informazioni in possesso dell’autorità procedente, prescindendo da rigorosi formalismi, atteso il rilievo costituzionale degli interessi tutelati. Alla stregua di siffatta interpretazione della norma, ispirata a garantire l’effettività del reperimento del destinatario della notifica, al fine di assicurare la conoscenza del procedimento, si deve ritenere che qualora l’autorità procedente sia in possesso del suo numero cellulare e non lo utilizzi nelle ricerche, incorre in una negligente omissione che si traduce nella incompletezza dell’attività di ricerca, inficiando il successivo decreto di irreperibilità ed ogni atto processuale ad esso connesso. Nel caso di specie, gli organi di polizia giudiziaria incaricati della ricerca erano in possesso del numero di cellulare dell’indagato in quanto sottoposto ad intercettazione telefonica. La conoscenza dell’utenza cellulare e la facilità del contatto immediato propria di tale strumento telefonico, dovevano indurre l’autorità inquirente ad avvalersene per ricercare il destinatario della notifica. Il mancato ricorso a tale modalità di ricerca, pur in possesso del numero dell’utenza mobile, rende le ricerche finalizzate all’emissione del decreto di irreperibilità incomplete, proprio in considerazione della facilità del contatto, tale da rendere doveroso il tentativo di ricercare il destinatario della notifica attraverso il telefono cellulare in suo uso e di cui gli organi preposti alla notifica siano a conoscenza, (v. in tal senso Cass. sez. 1, 13.10.2010 n. 5476 rv. 245914).Questa Collegio conosce l’orientamento contrario della Suprema Corte (Cass. sez 2, 29.4.2011 n. 32331, rv 250764, 16.1.2015 n. 2886, rv 262287) fondato sul rilievo che l’utenza cellulare è priva di qualsiasi collegamento certo ad una persona o ad un luogo, a differenza della utenza telefonica fissa, la cui conoscenza permette di allargare la ricerca anche al luogo ove l’utenza è installata, con possibile acquisizione di ulteriori notizie circa l’attuale dimora del ricercato. Tale rilievo non è decisivo al fine di escludere l’estensione delle ricerche anche attraverso il ricorso al telefono cellulare.>>(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 47746/15; depositata il 2 dicembre)
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