Espone un opera in centro a Milano – tre fotocopie in bianco e nero, stampate su tela, delle dimensioni di 170×70 centimetri – raffigurante, rispettivamente, il (…), un pene con testicoli ed il segretario personale del Pontefice, mons. G.G., con la didascalia “Chi di voi non è culo scagli la prima pietra”, condannato nei due gradi di giudizio ricorre in cassazione il difensore affermando che l’opera era da interpretare esclusivamente in chiave critica, ironica e satirica, espressione artistica quale declinazione del più generale diritto costituzionale di libera espressione del pensiero, ancorché manifestata con natura cruda e volgare; ricorso dichiarato infondato perché conteneva manifestazione di disprezzo e di dileggio , ossia <<intendeva chiaramente riferirsi a rapporti sessuali di natura omosessuale e, pertanto, non costituiva un’espressione interpretabile in termini artistici, ma anzi, per le obiettive caratteristiche delle riproduzioni, indecorosa ed offensiva nell’accezione dell’uomo medio. ….idonea al vilipendio della religione cattolica, andando a colpire il Papa, al vertice della struttura ecclesiastica, ponendone l’effigie – con ciò facendo intendere rapporti interpersonali di natura non consentita a chi ha fatto voto di castità – accanto a quella del suo collaboratore più stretto e, collocando fra di esse, l’immagine del membro maschile.>>(Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza n. 41044/15; depositata il 13 ottobre)
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