Un soggetto pubblica su una rivista fotografie che ritraevano altri soggetti in attività professionali con i relativi commenti scritti; fotografie e commenti che, in violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 23, erano stati diffusi in rete, con conseguente nocumento delle persone offese derivante dallo scioglimento delle relazioni professionali in relazione alle quali stavano effettuando le attività riprese e indebitamente diffuse. La suprema Corte, premettendo che nella fattispecie di cui all’art. 167 (“Trattamento illecito di dati”, punisce con la reclusione da uno a tre anni la condotta di chi, al fine di trarne profitto per sè o per altri o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli artt. 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’art. 129, “se dal fatto deriva nocumento”.) la giurisprudenza di legittimità è orientata a configurare tale nocumento come condizione obiettiva di punibilità, quindi sganciata dall’accertamento dell’elemento soggettivo e accollata all’autore a titolo di responsabilità oggettiva ; ma la Corte dissente , perché specialmente quando tali condizioni attengono alla sfera dell’interesse leso, occorre costruirle come elemento costitutivo del reato, punibile, nel caso di specie, a titolo di dolo (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 40103/15; depositata il 6 ottobre)
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