L’imputato patteggia, il giudice nulla dispone sul bene, e dopo un po’ di tempo ne chiede la restituzione allo stesso Giudice : che confisca, ma non poteva farlo, ossia è provvedimento abnorme, perché il nostro sistema prevede che << la confisca possa essere ordinata, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di merito, dal giudice dell’esecuzione, su domanda di parte e secondo le regole e le garanzie stabilite per relativo procedimento dall’art. 676 c.p.p., comma 1. In termini, il Supremo collegio (cfr.Sez. 2^, Sentenza n. 21420/2011 Rv. 250264) ha stabilito che a norma del combinato disposto dell’art. 205 c.p., comma 1 e art. 236 c.p., le misure di sicurezza debbano essere disposte “nella stessa sentenza di condanna”, come risulta anche dal tenore dell’art. 579 c.p.p., il quale espressamente prevede l’impugnazione contro il capo della sentenza concernente le misure di sicurezza>>, quindi il rimedio sulla omessa decisione è l’impugnazione, e, se la sentenza è definitiva, occorre attivare il giudice dell’esecuzione; nella fattispecie, restando in piedi il sequestro pur dopo l’annullamento della Suprema Corte, è a quest’ultimo (G E) che l’imputato dovrà indirizzare l’istanza di dissequestro.(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 26481/15; depositata il 23 giugno)
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