La Corte fa il quadro di tutti gli orientamenti enucleabili sul tappeto: <<in ordine al “diritto” arbitrariamente tutelato (primo elemento strutturale della fattispecie), la giurisprudenza, in modo costante, ha riconosciuto che esso non necessariamente debba essere oggettivamente esistente, ben potendo essere anche solo putativamente supposto (purché la supposizione non sia arbitraria o pretestuosa) dall’autore del delitto Cass. n. 7911/1997, in quanto la ricorribilità al giudice (prevista dalla norma) va intesa come possibilità di fatto, indipendentemente dalla fondatezza dell’azione e dall’esito eventuale della stessa. Sotto il profilo della “titolarità” del diritto, la giurisprudenza ha affermato che il reato può essere consumato anche da chi, agendo (in modo arbitrario) per la realizzazione del preteso diritto, non ne sia titolare, perché ai fini della configurabilità del reato, rileva che l’agente si comporti come se fosse il titolare della situazione giuridica e ne eserciti le tipiche facoltà v. da ultimo: Cass. n. 23322/2013;l’autore del reato può essere anche chi agisce quale mero negotiorum gestor, espressione adoperata dalla scienza giuridica e dalla legge per designare l’istituto previsto dall’art. 2028 c.c.. ..Sotto il profilo dell’individuazione della “persona offesa”, il reato ricorre anche nell’ipotesi in cui l’atto aggressivo sia rivolto contro un soggetto terzo, diverso dal diretto antagonista nel rapporto giuridico controverso. Quanto poi all’oggetto della richiesta, infine, esso non deve eccedere dall’ambito del contenuto del preteso diritto, perché la parte eccedente costituirebbe una pretesa illegittima con conseguente immutazione del titolo del reato in estorsione o rapina. Sotto il profilo dell’elemento psicologico il dolo consiste nella consapevolezza dell’uso della violenza o della minaccia finalizzata all’esercizio di un diritto in modo arbitrario, senza fare ricorso al giudice. Il dolo, per il suo contenuto, costituisce l’elemento discretivo tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello, come nel caso che qui rileva, di estorsione. Entrambi gli illeciti sono sovrapponibili sotto il profilo fattuale (uso della violenza o della minaccia), ma si differenziano per l’elemento psicologico che nell’un caso (art. 392 e 393 c.p., è l’intento di realizzare un diritto senza ricorrere al giudice) e nell’altro (art. 629 c.p.) l’intento di conseguire un profitto ingiusto.Sul tema vanno segnalati due distinti Orientamenti giurisprudenziali che si sono affermati nel corso del tempo. In base al primo v. Cass. n. 705/2013 e Cass. n. 51433/2013 si è sostenuto che, quale che sia la intensità e la gravità della violenza o della minaccia, esorbita dalla fattispecie di cui agli artt. 392 e 393 c.p., l’azione che miri all’attuazione di una pretesa non suscettibile di tutela avanti all’autorità giudiziaria, mentre secondo l’altro indirizzo giurisprudenziale la gravità e l’intensità della condotta materiale non sono (ex se) elementi indifferenti nel qualificare il fatto in termini di estorsione piuttosto che di esercizio arbitrario delle proprie ragioni v. fra le altre, da ultimo: Cass. n. 17785/2015;Cass. n. 32795/2014; Cass. n. 19239/2013. Va sul punto segnalato che questo secondo filone giurisprudenziale è condivisibile nella misura in cui la violenza eccessiva rispetto alla realizzazione del diritto è comunque dimostrativa di una volontà che trascende l’idea della realizzazione del diritto con mezzo violento, per assurgere a vera e propria volontà di sopraffazione sulla vittima, aspetto quest’ultimo di particolare rilievo quando la violenza o la minaccia sia indirizzata verso soggetti estranei al rapporto giuridico conteso>> (Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 42807/15; depositata il 26 ottobre)
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