All’ imputato viene notificato decreto di citazione per l’udienza di appello, ma, medio tempore, viene ristretto in arresti domiciliari ; il suo difensore lo deduce e gli viene notificato il rinvio dell’udienza, ma egli non viene tradotto ; all’udienza successiva viene respinta dalla Corte di Appello la richiesta di rinvio di legittimo impedimento, anche sulla base delle dichiarate, ma non accertate precarie condizioni di salute dell’imputato. La corte territoriale ha sbagliato ed occorre procedersi ad annullamento con rinvio perché spetta all’imputato decidere se comparire o rinunciare, attraverso atto formale. Lo stato di detenzione, infatti, implicando l’assenza di libertà di locomozione, costituisce impedimento assoluto a comparire con la conseguenza che ove a tale situazione non sia posto rimedio, mediante l’ordine di traduzione, l’imputato è privato del diritto di intervenire e di difendersi, anche personalmente nel processo; egli ed il suo difensore non avevano neanche un onere di preventiva comunicazione della detenzione prima che si svolgesse l’udienza, in linea con quanto più volte sancito dalla Corte Edu ((cfr., ex multis, Sez. 5, sent.n. 37620 del 17/10/2006, dep. 15711/2006, Serra, Rv. 235227; nello stesso senso, Sez. U, sent. n. 37483 del 2006, Rv. 234600). (Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 23757/15; depositata il 4 giugno)
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