Con entusiasmo salutiamo la diffusione massiccia dell’utilizzo dello strumento del fax da parte dei Tribunali come modalità di notificazione al difensore, anche quando deve ricevere un atto dell’imputato/indagato ; la “stura” è stata gentilmente offerta da Cass SS UU 28-04-2011, n. 28451 che ha tacitato ogni riottosità all’utilizzo massivo , con una serie di argomentazioni che appaiono inattaccabili (la massima: <<La notificazione di un atto all’imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui possa o debba effettuarsi mediante consegna al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell’art. 148, comma secondo bis, cod. proc. pen.>>).
Viene quindi “rivisitato” il ruolo difensore, nell’occasione dotato di una nuova veste di nuncius tecnologico perché forse i tempi lo richiedono pressantemente , per dirla con i Giudici delle Sezioni Unite <<evidentemente in considerazione delle qualità professionali del difensore, nonchè presumibilmente della maggiore affidabilità dei mezzi tecnici di trasmissione degli atti intervenuta nel frattempo>>.
E non si dica che venga afflitto da un onere gravoso , se tutto il mondo forense , soggiace , ormai da decenni , senza proferir lamento, a incombenze che non gli competerebbero, ad es. stesura dei verbali delle cause civili , figuriamoci al cospetto cosa possa significare comunicare puntualmente col proprio assistito, in un momento oltretutto in cui ciò è reso semplice dalla diffusione capillare dei computer (nel 2012 il 79,6% della popolazione italiana sta su internet , fonte http://www.audiweb.it); e sempre tenendo a mente, che lo stesso difensore , se perde le “tracce” del cliente , può rinunciare alla notifica ai sensi dell’art. 157 comma 8 bis secondo alinea c.p.p.! E nello stesso senso militano ragioni , di tipo negoziale, che per dirla con la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 136 del 5 maggio 2008 resa proprio per respingere le censure di incostituzionalità dell’art. 157 comma 8 bis c.p.p.) fotografano il rapporto fiduciario, che lega l’imputato al suo difensore, nel senso di una <<continua e doverosa informazione da parte di quest’ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti>>
L’endiadi difensore-assistito (quando le comunicazioni del secondo vadano indirizzate al primo) non ha più dunque motivo di essere nella nuova era tecnologica . E i risvolti sono notevoli , sol che si estenda lo sguardo alle nuove prospettive del processo telematico , così come evocate dall’art. 4 DL 29/12/2009, n. 193 (recante Misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia) : recita il comma III° che va a modificare l’art. 51 d.l. 112/2008 conv in L. 133/2008 : << A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 2, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, …………. sono effettuate per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale>>.
In buona sostanza anche la pec , (come il fax), può essere utilizzata negli stessi casi ritagliati dall’art. 148 comma II° bis come (estensivamente) interpretato dalle Sezioni Unite. In dottrina si è addirittura paventata la possibilità che anche gli atti rivolti all’imputato possano , previo suo consenso, essergli notificati per via telematica (pec) , senza provocare violazione alcuna al diritto di difesa costituzionalmente garantito (Russo, Le notifiche telematiche nel processo penale. Alcune note a margine dell’art. 4, comma 3, della L. 22 febbraio 2010, n. 24, in CP, 2011, 3241).
Peccato che i 15 gg. decorrenti dall’emanazione dei decreti di cui al comma 2 (vedasi Provvedimento Ministro Giustizia 18 07 2011) , a cui veniva subordinata l’applicazione del dettato normativo in questione, sono passati da un pezzo e, a quanto sembra, a tutt’oggi, solo il Tribunale penale (e la Procura) di Torino[5], si sono dotati di un indirizzo Pec e di un decreto autorizzativo che ne ha siglato l’entrata nell’ “iperuranio” delle comunicazioni telematiche; risultato : non solo dagli uffici giudiziari , ma , anche verso gli stessi , gli utenti c.d. esterni (ad es. gli avvocati) seppur in regola con la normativa vigente (vedasi , Cassazione Penale, Maggio 2012 , pag. 1803 doc. 615, Giuseppe Caputo , “in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica” ), non potrebbero inviare, ad es. un appello, via pec (già esistono, consultabili sul sito http://www.indicepa.gov.it/documentale/index.php, le pec di tutti gli uffici protocollo dei tribunali e procure d’Italia, ed alcuni già funzionano come recezione e smistamento atti agli uffici competenti).
Le ritrosie, alla nuova “propulsione” telematica , sono molteplici , e non sempre pienamente condivisibili. Si legge ad es. sul sito del Tribunale di Sorveglianza di Roma (vedi la relativa pagina http://tribsorvroma.wordpress.com/contatti) che << fino alla predisposizione di appositi software da parte del Ministero della Giustizia, non potrà essere utilizzata per le comunicazioni dei provvedimenti giudiziari la posta elettronica certificata. Pertanto “le notificazioni e le comunicazioni sono effettuate nei modi e nelle forme previste dalle disposizioni vigenti” (art. 4 comma 2° del D.L. 193/2009), e le comunicazione “da e verso l’utenza”, comprensiva degli avvocati, devono avvenire secondo le regole generali del codice di procedura penale e, dunque, solo con formale deposito in cancelleria. >>
Ma vale la pena precisare che la disposizione citata (art. 4 comma 2° del D.L. 193/2009), si riferisce al decollo delle comunicazioni e notificazioni in via telematica all’interno del processo telematico che sta per essere implementato nel settore civile (ed anche qui , non tutti i Tribunali sono pronti); pertanto non toccherebbe l’equiparazione , sancita sul piano normativo dall’art. 48 decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 , tra raccomandata e pec , di talché , ogni qualvolta il codice di procedura penale consente di inviare atti via raccomandata[6] , essi potrebbero essere veicolati anche tramite pec !
E comunque , anche rimanendo ancorati alla prospettiva del processo telematico, vale la pena obiettare che sul piano normativo nazionale, legislativo e regolamentare è tutto chiaro , giusto il DM 21/02/2011, n. 44 completato dalle regole tecniche di cui al Provvedimento del Ministero Giustizia 18 07 2011 ; queste due ultime fonti normative garantirebbero all’art. 4 DL 29/12/2009, n. 193 cit. piena attuazione. Ma, ahinoi, i tempi non sono maturi ; e pensare che la crisi economica in atto , con le sue ricadute su una giustizia sempre più lenta, farraginosa e destrutturata, avrebbe suggerito un accelerazione improvvisa alle procedure di comunicazione telematica nel processo penale , da attuarsi a costo zero e “a legislazione vigente” .