Sommario
IL PROCESSO PENALE TELEMATICO . 1° puntata (Frascati, Ottobre 2014) 17
IL PROCESSO PENALE TELEMATICO . 2° puntata (Frascati, Gennaio 2015) 22
PROCESSO PENALE TELEMATICO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS (FRASCATI APRILE 2020) 43
VICENDE DEL FASCICOLO DIBATTIMENTALE: SORTE DEGLI ATTI IRRIPETIBILI NON INCLUSI (Frascati, Aprile 2013)
Ordinanza Tribunale di Albano 12 03 2013 in proc pen n. 841/11 P.M. Giudice Dott.ssa Astolfi << premesso che il P.M. ha fatto richiesta di acquisizione di una denuncia sporta dalla persona offesa deceduta , e che essa doveva essere acquisita in limine, stante il decorso del termine, per essere stato già dichiarato aperto il dibattimento, rigetta l’istanza>>[1].
Non è del tutto infrequente che un atto irripetibile non venga incluso , ab initio, nel fascicolo del dibattimento , e che non ne venga chiesta l’acquisizione entro il termine previsto dall’art. 491 co. II° c.p.p. (prima dell’apertura del dibattimento). Quid iuris se la parte (o le parti ) interessate ne chiedano l’acquisizione a dibattimento già aperto.
La giurisprudenza non ha fornito risposte univoche , differenziando le ipotesi in base alla natura del documento da acquisire.
Per quanto concerne la querela si è sostenuto, da un verso , che il mancato “versamento” dell’atto può essere integrato in ogni momento, persino in appello (Cass. pen. Sez. III, 09/03/2011, n. 26162 , Cass. pen. Sez. V, 18/01/2005, n. 16400, Cass. pen. Sez. V, 18/06/2004, n. 31741 ); dall’altro , che è onere della parte che ne ha interesse (parte civile in primis) chiederne l’integrazione (Cass. pen. Sez. IV, 10-07-2009, n. 37867) ; in caso di inerzia , poiché la parte civile non è legittimata ad impugnare la sentenza di non doversi procedere per difetto di querela, rimarrebbe sfornita di tutela (Cass. pen. Sez. IV, 10-07-2009, n. 37867); ciò a maggior ragione lo si dica quando è mancante nella querela la procura speciale (Cass. pen. Sez. II, 10/01/2006, n. 5066).
Anche se la denunzia non dovrebbe essere considerata, in astratto, atto irripetibile , purtuttavia la giurisprudenza la considera tale (sempreché sia scalzata dal suo contenuto narrativo) : << Le denunzie di furto vanno inserite nel fascicolo del dibattimento quale atto parzialmente non ripetibile, in quanto, nella parte in cui contengono la descrizione del bene sottratto, rappresentano il presupposto per la sua individuazione al momento dell’eventuale ritrovamento. (Rigetta, App. Firenze, 16/04/2007)>> (Cass. pen. Sez. IV, 12-05-2009, n. 36866).
Le certificazioni sanitarie poi, avrebbero natura di cosa pertinente al reato e quindi possono essere in qualsiasi momento incluse nel fascicolo del dibattimento (Cass. pen. Sez. V, 18-11-2009, n. 706)
E qui giungiamo a risolvere anche il nodo relativo al caso in questione : non occorre confondere la problematica dell’acquisizione al fascicolo dibattimentale , con il procedimento di formazione della prova che, nel nostro sistema processuale , non contempla alcun limite temporale di acquisizione se trattasi di prova documentale (il documento lo si può acquisire anche in appello se è idoneo a contrastare una prova decisiva ,senza neanche bisogno di rinnovare l’istruttoria dibattimentale, cfr Cass. pen. Sez. I, 18/02/2011, n. 12174) : la Corte Suprema , a proposito del certificato medico dell’esame esterno del cadavere , al pari del certificato medico del pronto soccorso , ne ha affermato la piena acquisibilità agli atti del dibattimento non tanto quale documentazione di attività irripetibile, ma alla stregua di un qualunque documento, <<poichè esso non nasce all’interno del procedimento penale e non è strumentale esclusivamente ad esso>> (Cass. pen. Sez. IV, 19-05-2009, n. 38219 Cass. Sez. 5°, sent. 11933/1997; Cass. Sez. 3° 3259/1998).
Nel caso che ci occupa, il soggetto passivo del reato , deceduto in relazione ad una -ipotizzata – colpa dell’esercente la professione sanitaria su cui si basa l’attuale processo per omicidio colposo, aveva sporto denunzia presso il “Tribunale del Malato” : anche qualora non la si volesse ritenere “atto irripetibile” (perché non assunto dalla P.G., nel qual caso lo sarebbe) , dovrebbe comunque essere acquisita come prova documentale.
Ovvio che il Giudice a quo dimostra di aver aderito a quell’orientamento, non certo maggioritario, che nega l’esistenza di un “distinguo” in relazione alla natura del documento “rifiutato” (vedasi Cass. pen., 09/01/2004, n. 3 , s.m.<<Le questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento possono essere sollevate soltanto subito dopo il compimento dell’accertamento della costituzione delle parti e ne è definitivamente preclusa la proposizione in momenti successivi, come disposto dai primi due commi dell’ari 491 C.p.p>>); ma se la parte (nella fattispecie pubblico ministero e difensore di parte civile) ne ha chiesto l’acquisizione dopo l’apertura del dibattimento andava posto il problema dell’ammissibilità dello stesso come prova documentale, anche se le parti potevano , in teoria , chiederne l’acquisizione in limine .
Alla fine ci sembra esatto affermare, in linea con alcune decisioni della Corte Suprema, che la preclusione introdotta dall’art. 491 co. II°, pur con la clausola di salvezza della possibilità di proporla solo nel corso del dibattimento, sia rivolta ad escludere eventuali atti che sono stati già – erroneamente – inclusi nel fascicolo del dibattimento , ma non quelli che vi dovevano far parte ed ancora non lo sono (cfr Cass. pen. Sez. VI 06/02/2003 n. 23246, Cass. pen. Sez. V, (ud. 18-04-2000), n. 5944).
LA MODIFICA DELL’IMPUTAZIONE DOPO LA SENTENZA EDU 11 dicembre 2007 (Drassich c. Italia) (Frascati , Aprile 2013 )
Si continua ad affermare , nel solco di un interpretazione restrittiva dell’art. 521 c.p.p. , che anche la mera diversa qualificazione giuridica data al fatto in sentenza , senza che sia stata adeguatamente “adattata” l’imputazione , può far scattare la violazione del diritto di difesa con conseguente nullità .Ci riferiamo precipuamente alla sentenza Cass. Sez. II, 12.11.2012 (dep. 14.1.2013), n. 1625.
Ivi si affronta la problematica della la derubricazione tra furto e ricettazione (e viceversa) : comunemente ammessa , in applicazione dell’art. 521 c.p.p. , con la precisazione che è però doveroso svolgere un accertamento “teleologico” del mancato pregiudizio per la difesa dell’imputato, in aderenza ai principi elaborati dalla Corte EDU nella sentenza Drassich , che ha predisposto , per il Giudice di merito, tre criteri cui parametrare la diversa qualificazione giuridica del fatto in concreto:
- <<se fosse sufficientemente prevedibile per il ricorrente che l’accusa inizialmente formulata nei suoi confronti fosse riqualificata
- la fondatezza dei mezzi di difesa che il ricorrente avrebbe potuto invocare se avesse avuto la possibilità di discutere della nuova accusa formulata nei suoi confronti;
- quali siano state “le ripercussioni della nuova accusa sulla determinazione della pena del ricorrente.>>
Nella fattispecie (imputato di furto e condannato per ricettazione) , risponde negativamente a tutti e tre i quesiti e quindi addiviene all’enunciazione del seguente principio di diritto :<<deve ritenersi violato il principio del giusto processo, sotto il profilo del diritto alla difesa e del contraddittorio, ove, all’esito del giudizio abbreviato incondizionato, l’originaria imputazione di furto venga riqualificata in ricettazione se, in concreto, per l’imputato non fosse sufficientemente prevedibile che l’accusa inizialmente formulata nei suoi confronti potesse essere riqualificata e, quindi, non sia stato messo in concreto nella possibilità di difendersi>>.
In precedenza, Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 18590/11[2] aveva sancito la necessità di applicare l’istituto ex art. 519 e 520 c.p.p. nel caso in cui la modificazione dell’accusa fosse stata anche solo in diritto ( ossia a fatto invariato) , pur se la derubricazione svicola in una ipotesi meno grave[3] .
Le due pronunzie di cui sopra , ed in particolare la seconda , sono destinate a gettare scompiglio nelle consolidate prassi giurisprudenziali di legittimità e di merito che ritenevano irrilevante , ex art. 521 c.p.p., la diversa qualificazione giuridica del fatto data in sentenza .
Certo è che l’art. 521 co. I ° nel sancire che <<Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione..>> sembra essere contraddetta dall’interpretazione che la Corte Edu ricollega a l’art. 6, comma 3, lett. a), della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848, la quale recita in parte qua <<ogni accusato ha più specificamente diritto a: a) essere informato (..) in un modo dettagliato della natura e dei motivi della accusa elevata a suo carico>>.
La Corte Suprema della sentenza 18590 ritiene oltretutto quel principio comunitario consacrato anche nell’art. 111 Cost., comma 3, (inserito dalla novella costituzionale 23 novembre 1999, n. 2) che sancisce il diritto della persona accusata di un reato a essere “informata (..) della natura e dei motivi della accusa”.
Dunque, alla stregua di queste due ultime decisioni dei Giudici di legittimità sembra escludersi che il diritto dell’imputato ad essere informato sui fatti sia limitato ai meri elementi fattuali posti a fondamento dell’accusa. Secondo le decisioni ut supra la qualificazione giuridica dei fatti addebitati concorre a definirne la “natura” dell’addebito, con salvaguardia dell’ effettivo esercizio del diritto di difesa nel “giusto processo” attraverso il quale si attua la giurisdizione (art. 111 Cost., comma 1)[4].
Certo è che una tale dirompente (ed innovativa) “ventata” garantista provocherebbe non pochi problemi di prassi applicativa, che era sostanzialmente attestata su posizioni “tradizionali” : cfr per tutti Cass. pen. Sez. VI, 13/04/1999, n. 9574 <<In tema di correlazione tra accusa e sentenza non si ha mutamento del fatto e nemmeno dell’imputazione allorchè il giudice si limiti a modificarne la definizione giuridica ovvero ad aggiornarla sulla base degli elementi acquisiti al dibattimento, nel contraddittorio delle parti.>>; da ultimo anche Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 07-11-2012) 27-02-2013, n. 9317.
Ma il Trattato di Lisbona (art. 6 par. 2 e 3 ) ha “comunitarizzato” le norme C.E.D.U. e quindi le decisioni della Corte EDU non possono essere eluse.
In conclusione, la possibilità di dare al fatto una definizione giuridica diversa ex art. 521 deve essere “mitigato” da una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 521 c.p.p. comma I° (così come è stata adeguata al decisum del Giudice Europeo): se si deve escludere la possibilità dell’attuazione “a sorpresa” del potere di nuova (e diversa) qualificazione della condotta, occorrerebbe allora che il Giudice del merito , ogni qualvolta ne abbia “sentore”, inviti le parti a realizzare il contraddittorio sulla relativa quaestio juris. Ma la strada è lunga e osserveremo gli sviluppi futuri.
NUOVE PROSPETTIVE DELLE COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI TELEMATICHE EX 148 CO. II° BIS C.P.P. (PARTENDO DA CASS SS UU 28-04-2011, n. 28451) (Frascati, Febbraio 2013)
Con entusiasmo salutiamo la diffusione massiccia dell’utilizzo dello strumento del fax da parte dei Tribunali come modalità di notificazione al difensore, anche quando deve ricevere un atto dell’imputato/indagato ; la “stura” è stata gentilmente offerta da Cass SS UU 28-04-2011, n. 28451 che ha tacitato ogni riottosità all’utilizzo massivo , con una serie di argomentazioni che appaiono inattaccabili (la massima: <<La notificazione di un atto all’imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui possa o debba effettuarsi mediante consegna al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell’art. 148, comma secondo bis, cod. proc. pen.>>).
Viene quindi “rivisitato” il ruolo difensore, nell’occasione dotato di una nuova veste di nuncius tecnologico perché forse i tempi lo richiedono pressantemente , per dirla con i Giudici delle Sezioni Unite <<evidentemente in considerazione delle qualità professionali del difensore, nonchè presumibilmente della maggiore affidabilità dei mezzi tecnici di trasmissione degli atti intervenuta nel frattempo>>.
E non si dica che venga afflitto da un onere gravoso , se tutto il mondo forense , soggiace , ormai da decenni , senza proferir lamento, a incombenze che non gli competerebbero, ad es. stesura dei verbali delle cause civili , figuriamoci al cospetto cosa possa significare comunicare puntualmente col proprio assistito, in un momento oltretutto in cui ciò è reso semplice dalla diffusione capillare dei computer (nel 2012 il 79,6% della popolazione italiana sta su internet , fonte http://www.audiweb.it); e sempre tenendo a mente, che lo stesso difensore , se perde le “tracce” del cliente , può rinunciare alla notifica ai sensi dell’art. 157 comma 8 bis secondo alinea c.p.p.! E nello stesso senso militano ragioni , di tipo negoziale, che per dirla con la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 136 del 5 maggio 2008 resa proprio per respingere le censure di incostituzionalità dell’art. 157 comma 8 bis c.p.p.) fotografano il rapporto fiduciario, che lega l’imputato al suo difensore, nel senso di una <<continua e doverosa informazione da parte di quest’ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti>>
L’endiadi difensore-assistito (quando le comunicazioni del secondo vadano indirizzate al primo) non ha più dunque motivo di essere nella nuova era tecnologica . E i risvolti sono notevoli , sol che si estenda lo sguardo alle nuove prospettive del processo telematico , così come evocate dall’art. 4 DL 29/12/2009, n. 193 (recante Misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia) : recita il comma III° che va a modificare l’art. 51 d.l. 112/2008 conv in L. 133/2008 : << A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 2, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, …………. sono effettuate per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale>>.
In buona sostanza anche la pec , (come il fax), può essere utilizzata negli stessi casi ritagliati dall’art. 148 comma II° bis come (estensivamente) interpretato dalle Sezioni Unite. In dottrina si è addirittura paventata la possibilità che anche gli atti rivolti all’imputato possano , previo suo consenso, essergli notificati per via telematica (pec) , senza provocare violazione alcuna al diritto di difesa costituzionalmente garantito (Russo, Le notifiche telematiche nel processo penale. Alcune note a margine dell’art. 4, comma 3, della L. 22 febbraio 2010, n. 24, in CP, 2011, 3241).
Peccato che i 15 gg. decorrenti dall’emanazione dei decreti di cui al comma 2 (vedasi Provvedimento Ministro Giustizia 18 07 2011) , a cui veniva subordinata l’applicazione del dettato normativo in questione, sono passati da un pezzo e, a quanto sembra, a tutt’oggi, solo il Tribunale penale (e la Procura) di Torino[5], si sono dotati di un indirizzo Pec e di un decreto autorizzativo che ne ha siglato l’entrata nell’ “iperuranio” delle comunicazioni telematiche; risultato : non solo dagli uffici giudiziari , ma , anche verso gli stessi , gli utenti c.d. esterni (ad es. gli avvocati) seppur in regola con la normativa vigente (vedasi , Cassazione Penale, Maggio 2012 , pag. 1803 doc. 615, Giuseppe Caputo , “in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica” ), non potrebbero inviare, ad es. un appello, via pec (già esistono, consultabili sul sito http://www.indicepa.gov.it/documentale/index.php, le pec di tutti gli uffici protocollo dei tribunali e procure d’Italia, ed alcuni già funzionano come recezione e smistamento atti agli uffici competenti).
Le ritrosie, alla nuova “propulsione” telematica , sono molteplici , e non sempre pienamente condivisibili. Si legge ad es. sul sito del Tribunale di Sorveglianza di Roma (vedi la relativa pagina http://tribsorvroma.wordpress.com/contatti) che << fino alla predisposizione di appositi software da parte del Ministero della Giustizia, non potrà essere utilizzata per le comunicazioni dei provvedimenti giudiziari la posta elettronica certificata. Pertanto “le notificazioni e le comunicazioni sono effettuate nei modi e nelle forme previste dalle disposizioni vigenti” (art. 4 comma 2° del D.L. 193/2009), e le comunicazione “da e verso l’utenza”, comprensiva degli avvocati, devono avvenire secondo le regole generali del codice di procedura penale e, dunque, solo con formale deposito in cancelleria. >>
Ma vale la pena precisare che la disposizione citata (art. 4 comma 2° del D.L. 193/2009), si riferisce al decollo delle comunicazioni e notificazioni in via telematica all’interno del processo telematico che sta per essere implementato nel settore civile (ed anche qui , non tutti i Tribunali sono pronti); pertanto non toccherebbe l’equiparazione , sancita sul piano normativo dall’art. 48 decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 , tra raccomandata e pec , di talché , ogni qualvolta il codice di procedura penale consente di inviare atti via raccomandata[6] , essi potrebbero essere veicolati anche tramite pec !
E comunque , anche rimanendo ancorati alla prospettiva del processo telematico, vale la pena obiettare che sul piano normativo nazionale, legislativo e regolamentare è tutto chiaro , giusto il DM 21/02/2011, n. 44 completato dalle regole tecniche di cui al Provvedimento del Ministero Giustizia 18 07 2011 ; queste due ultime fonti normative garantirebbero all’art. 4 DL 29/12/2009, n. 193 cit. piena attuazione. Ma, ahinoi, i tempi non sono maturi ; e pensare che la crisi economica in atto , con le sue ricadute su una giustizia sempre più lenta, farraginosa e destrutturata, avrebbe suggerito un accelerazione improvvisa alle procedure di comunicazione telematica nel processo penale , da attuarsi a costo zero e “a legislazione vigente” .
COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI NEL PROCESSO PENALE: LA EQUIPARAZIONE DELLA P.E.C. ALLA RACCOMANDATA. (Frascati, Maggio 2012)
Ma esiste , all’attualità, la possibilità per i difensori di presentare atti in cancelleria in modalità telematica, ad es. un atto di appello ? E in tutti i casi in cui la legge prevede la possibilità dell’invio tramite raccomandata ? Visto che la pec sembra equiparabile all’invio cartaceo della posta raccomandata? [7]
L’art. 48 d. lgs 7 marzo 2005 , n. 82 – cd. CAD ossia ‘Codice dell’amministrazione digitale’ – così come riscritto dal provvedimento ‘correttivo’ del 2010 (d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 2359) – equipara la posta elettronica certificata (P.E.C.) alla trasmissione postale a mezzo di lettera raccomandata, capovolgendo la regola precedente secondo la quale le ipotesi di equiparazione delle due modalità di trasmissione dovevano essere espressamente previste dalla legge. Stabilisce al secondo comma che «la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta».
Ne consegue che in tutti i casi in cui il codice di procedura penale consente l’invio di atti tramite la posta raccomandata il mezzo tradizionale può essere sostituito da quello elettronico .
Vi è di più. In teoria, tutte le memorie difensive potrebbero essere veicolate agli uffici giudiziari incorporate in un semplice file da spedire in modo digitale, poiché la Corte Suprema ha riconosciuto la possibilità alle parti di depositare memorie e richieste ex art. 121 c.p.p. anche a mezzo raccomandata. (cfr Sez. III, 21 febbraio 2008, n. 14223).
Non incide , sulla possibilità di inviare gli atti come sopra descritti, il fatto che l’art. 4 co. II DL 193/2009 convertito in L n. 24/2010 richieda l’emanazione di Decreti del Ministero di Giustizia, che, ahinoi, a tutt’oggi ,ancora sono stati emanati:<< Nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e delle regole tecniche stabilite con i decreti previsti dal comma 1. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti, le notificazioni e le comunicazioni sono effettuate nei modi e nelle forme previste dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.>> ; suddetta formulazione ha “suggerito” ad esempio , ai redattori del sito del Tribunale di Sorveglianza di Roma (vedi la relativa pagina http://tribsorvroma.wordpress.com/contatti) di avvertire l’utenza che << fino alla predisposizione di appositi software da parte del Ministero della Giustizia, non potrà essere utilizzata per le comunicazioni dei provvedimenti giudiziari la posta elettronica certificata. Pertanto “le notificazioni e le comunicazioni sono effettuate nei modi e nelle forme previste dalle disposizioni vigenti” (art. 4 comma 2° del D.L. 193/2009), e le comunicazione “da e verso l’utenza”, comprensiva degli avvocati, devono avvenire secondo le regole generali del codice di procedura penale e, dunque, solo con formale deposito in cancelleria.
Ma, giova ripeterlo, non si verte in tema di comunicazioni e notificazioni in via telematica e di processo telematico, bensì in tema di invio di atti a mezzo raccomandata (bastano le disposizioni vigenti) sostituibili, attesa la cennata equiparazione ex art. 48 co. II° Cad , alla pec !
Per questo, l’avviso del sito è , a modesto avviso dello scrivente , indubbiamente errato sul punto in cui stabilisce , la necessità, del decreto ministeriale , nelle comunicazioni << …da… l’utenza…comprensiva degli avvocati>>.
L’ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI CIVILI DERIVANTI DA REATO NELLA RIABILITAZIONE (Frascati, Agosto 2013) (nota a Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-02-2013) dep 26-03-2013, n. 14351(annulla Trib di Sorv. Di Roma)
Nella valutazione che il Giudice di merito deve compiere per concedere la riabilitazione va escluso ogni riferimento alla gravità (<<odiosità>>) del fatto -reato ; la norma impone infatti di valutare solo i fatti successivi allo stesso; e neanche occorre pretendere l’integrale risarcimento del danno se vi è impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili non solo in ipotesi di accertata impossidenza economica, ma anche quando vengano messe in luce situazioni di fatto che impediscano al condannato di adempiere alle suddette obbligazioni .
Sembra che sia diffuso , in parte della giurisprudenza di merito1, l’orientamento volto ad esigere , dal condannato , un offerta reale da presentare al danneggiato , ai fini della concessione del beneficio in esame.
Il dettato normativo sembra alluda, però, ad una formula “aperta”, poiché lo nega a chi <<non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato [c.p. 185] , salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle>>. Il condannato sarà certamente onerato di fornire ogni più ampia indicazione sulle sue condizioni economiche che rendono difficile l’adempimento , ma, assolto suddetto onere , sarà poi compito del giudice di merito concederlo o meno dando conto , nella motivazione , di un iter logico che deve scostarsi dagli schemi di un rigido “automatismo patrimoniale” .
Ciò lo si dica , a maggior ragione , all’insegna della funzione premiale e promozionale che avvolge l’istituto riabilitativo 2 connaturata allo scopo di <<promuovere il ravvedimento dei rei, di confortarli con la speranza della redenzione sociale nei loro buoni propositi, di ridare ai condannati la possibilità di vivere onestamente, eliminando quegli ostacoli che provengono dalla precedente o dalle precedenti condanne>>3.
La giurisprudenza di legittimità, invero, ha sempre mostrato di sfuggire a suddetti schemi rigido-valutativi e l’ultimo arresto , che oggi si commenta, ne offre l’esempio più illuminante.
Nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte Suprema , un condannato per delitti di terrorismo eversivo (ex appartenente alla BR), che pure si era redento con tanto di buona condotta nel periodo post-delictum aveva offerto (solo) € 2.000,00 ed il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva rigettato, anche su tal punto , la riabilitazione .
La Corte Suprema , con la decisione in commento , mostra di aderire ad un interpretazione “estensiva” del dettato normativo, in linea con lo scopo promozionale dell’istituto, lì dove offre rilevanza oltre che alle ipotesi di impossibilità oggettiva di adempimento anche alle semplici <<difficoltà derivanti da situazioni di fatto che impediscano al condannato di adempiere>> ; e se quest’ultime, da un lato, afferiscono ad es. alla difficoltà di rintracciare le persone offese dal reato dopo tanti anni di distanza dal tempus commissi delicti 4 , dall’altro sganciano totalmente la valutazione del comportamento del reo dalle regole civilistiche sull’adempimento5.
Prescindere dal diritto civile può significare , di converso, dare rilievo , ai fini riabilitativi , anche ad obbligazioni, che , secondo il codice civile sarebbero prescritte6 ed, in questo senso, la tutela della vittima del reato sembra avere una sua (alta) considerazione , anche se fatta in chiave di emenda del condannato.
Non possiamo spingerci a ritrarre una casistica delle difficoltà derivanti da situazioni di fatto che possono presentarsi al vaglio dei Tribunali di Sorveglianza (né la Corte Suprema, con la decisione in commento, offre dei suggerimenti) , essendo numerose le variabili connesse alle condizioni socio – familiari – patrimoniali degli interessati e alle dinamiche che attanagliano le persone offese : si è apprezzato ad esempio che il condannato pur non essendo indigente, non dispone di mezzi patrimoniali che gli consentano di eseguire il risarcimento stesso senza subire un sensibile sacrificio (per sé o per la propria famiglia) , o le parti offese abbiano rinunciato al risarcimento oppure sono irreperibili7; va precisato che l’ammissione al patrocinio a spese dello stato nello stesso procedimento di sorveglianza (anche se è un indice di indigenza) non può condizionare ab origine la necessità di svolgere comunque un indagine sul punto , perché in quel sub-procedimento basta una semplice dichiarazione autocertificativa8 (essendo rimessi eventuali accertamenti dell’autorità alle competenti amministrazioni finanziarie , ex art. 88 e 96 Dpr 115/2002).
In definitiva si può fondatamente affermare che ogni qualvolta l’interessato fornisca la prova9 di aver tentato l’adempimento , sempreché ricorra il primo requisito della buona condotta , non gli si può negare il beneficio perché non ha potuto tirar fuori del denaro (in aderenza alla ratio premiale e promozionale dell’istituto sopra evidenziata) ed in questa ottica va apprezzato l’orientamento “estensivo” patrocinato dalla decisione in commento e già consolidato nella recente giurisprudenza10.
Requisito (soggettivo) della buona condotta che dunque “condiziona” , in senso di renderlo più elastico, quello “oggettivo” dell’adempimento alle obbligazioni civili.
Buona condotta , per concludere , che ha come suo esclusivo punto di riferimento il comportamento successivo alla condanna : in questo senso la pronuncia si evidenzia come tranciante ogni considerazione attinente alla gravità dei fatti commessi , a cui il Tribunale di merito si era riferito.
ALCUNE BREVI ISTRUZIONI D’USO NEL CASO DI ESTINZIONE DELLA PENA PER DECORSO DEL TEMPO (Frascati, Settembre 2013)
Il decorso del tempo , al pari di quello che accade in materia di prescrizione del reato , incide anche sulla pena , ma occorre farvi attenzione , poiché sono molti i paletti posti dal legislatore a presidio di alcune situazioni di “imprescrittibilità” in forza delle quali, a ragione, si è sostenuto che il fondamento dell’istituto si basa su mere esigenze politiche di opportunità1 .
Prima problematica si è posta quando ,se successivamente alla condanna, una porzione della pena inflitta sia stata condonata o commutata in altra specie, cosicché , ai fini della determinazione del tempo necessario affinché la reclusione si prescriva, debba aversi riguardo alla pena irrogata dal giudice ovvero alla pena residua: la giurisprudenza pressoché univoca ha stabilito che per pena inflitta deve intendersi ” quella irrogata nella sentenza di condanna, inclusa la parte eventualmente coperta da condono2.
Altro problema si è posto quando la legge subordina l’esecuzione della pena alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione (come ad es nel caso di revoca della sospensione condizionale della pena o alla revoca dell’indulto ), quale sarebbe il dies a quo da cui calcolare il termine per l’estinzione , quello in cui diviene definitiva la decisione che ha disposto la revoca dei benefici (nella prassi può essere chiesta molto tempo dopo che il requisito si verifica) o quello in cui si matura il requisito della revoca ? L’orientamento più datato3 optava per la prima soluzione ; quello più recente reca indubbiamente l’argomento di pregio secondo il quale non può porsi a carico del condannato il danno per il ritardo con cui viene presa la decisione4.
Quid iuris quando più fatti sono avvinti dal medesimo disegno criminoso ex art. 81 co. II° c.p. (reato continuato) , tenendo presente che il comma VI° dell’art. 172 stabilisce che nel caso di concorso di reati occorre far riferimento ai reati singoli , anche se inflitti con la medesima sentenza (e vi può ricadere appunto il reato continuato) : sembrerebbe inevitabile concludere che , in caso di reato continuato, per determinare il tempo necessario alla prescrizione della pena, si deve avere riguardo alla pena inflitta per ciascuno dei reati ritenuti in continuazione, in quanto il reato continuato (analogamente al concorso formale di reati) è fittiziamente considerato dalla legge come un unico reato ai fini della determinazione della pena, ma sotto ogni altro profilo e per ogni altro effetto esso è soggetto alla disciplina del concorso materiale di reati5 ; occorre però precisare che se la continuazione è riconosciuta tra un reato sub iudice ed uno già definito con sentenza passata in giudicato , rideterminando il complessivo trattamento sanzionatorio, il termine di prescrizione della pena ex art. 172 c.p. decorre dal momento del passaggio in giudicato della seconda sentenza6.
Pesanti le restrizioni , in materia , a carico dei recidivi ai sensi dei capoversi dell’art. 99 c.p. : recidivi specifici, o infraquinquennali, coloro che commettono nuovo reato durante o dopo l’esecuzione della pena ovvero durante il tempo in cui si sottraggono volontariamente all’esecuzione della pena; nonché nel caso di recidiva reiterata (idem per i condannati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza) . Costoro non beneficeranno mai del decorso del tempo ai fini dell’estinzione della pena , in ipotesi, neanche se dall’ultimo reato non ne abbiano più commessi , ad es. per 10 anni (qualora la pena inflitta sia inferiore a quel limite ) : le esigenze special-preventive che hanno giustificato la restrizione , qui sembra non siano proprio in linea con il principio di eguaglianza . Anche per questa “asprezza” sembrava pacifico che la recidiva dovesse risultare dalla sentenza di condanna, non potendo la recidiva produrre effetti giuridici se non legittimamente accertata e dichiarata come circostanza aggravante 7; ciò significa che non può essere desunta “in executivis” sulla base del certificato penale, se non dichiarata dal giudice della cognizione8; però se ritualmente contestata , anche se il giudice non ha applicato il relativo aumento di pena , opera comunque la preclusione9 . Eppure si è registrata , seppur circoscritta e datata , qualche decisione contraria , nel senso è stata considerata una situazione soggettiva autonoma della persona che spiega de iure i suoi effetti penali e che può essere dedotta dal certificato del casellario giudiziale e da sentenze non ancora iscrittevi, ma passate in cosa giudicata10. In ogni caso, ai fini della qualificazione di recidiva a norma dell’ultimo comma dell’art. 172, devesi ritenere che valgano soltanto le condanne anteriori al reato che diede luogo alla pena della cui estinzione si tratta, e non anche le condanne successive11;
Invece la condotta successiva determina la imprescrittibilità della pena ai sensi dell’ultima parte del comma VII dell’art. 172 , ossia se il condannato, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole ; anche qui non è stata fatta necessaria chiarezza poiché si è stabilito , per un verso che , più reati possono considerarsi omogenei per comunanza di <<caratteri fondamentali quando siano simili le circostanze oggettive nelle quali si sono realizzati, quando le condizioni di ambiente e di persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che rendano evidente l’inclinazione verso una identica tipologia criminosa ovvero quando le modalità di esecuzione, gli espedienti adottati o le modalità di aggressione degli altrui diritti rivelino una propensione verso la medesima tecnica delittuosa>>12; insomma sarebbero variegate le situazioni che inducono ad escludere la prescrizione della pena (sulla base della stessa definizione contenuta nel codice penale all’art. 101 ; d’altro verso si è cercato di restringere maggiormente il concetto di stessa indole , ancorandolo all’interesse tutelato o all’elemento materiale oggettivo13 .
SE L’IMPUGNAZIONE E’ INAMMISSIBILE NON E’ DOVUTA LA LIQUIDAZIONE DELL’ONORARIO PER PATROCINIO A SPESE DELLO STATO , EX ART. 106 CO. I° DPR 115/2002 . (Frascati, Marzo 2014 )
Sappiamo dall’art. 106 co. I° dpr 115/2002 che << Il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non è liquidato se le stesse sono dichiarate inammissibili.>>
Norma, quella in commento, di facile applicazione , almeno sembra.
Perché in effetti la casistica, qualche dubbio lo ha posto :
- a) quid iuris nel caso in cui, ad es. , nel ricorso in Cassazione l’inammissibilità non venga dichiarata dall’appositamente costituita 7° sezione penale (c.d. sezione filtro ex art. 610 c.p.p.) , ma si fissi udienza pubblica al cui esito sopravvenga la declaratoria di inammissibilità ;
- b) caso in cui il P.M. impugni in Cassazione una sentenza costringendo una delle parti private ammesse al patrocinio statale(parte civile o imputato) a svolgere attività difensiva , anche in tal caso superando il vaglio di inammissibilità della 7° sezione.
Sono due gli orientamenti ipotizzabili : secondo un primo , chiamiamolo di stretta interpretazione, la legge non opererebbe alcuna distinzione circa le inammissibilità delle impugnazioni, e stabilirebbe incontrovertibilmente che non va liquidato alcun compenso nel caso in cui le impugnazioni coltivate dalla parte siano dichiarate, comunque (prima o dopo che sia) , inammissibili (in questo senso P.G. in Cass. pen. Sez. IV, (ud. 03-03-2004) 29-04-2004, n. 20214 e Trib. Roma Sez. VIII, 08-03-2011) , rispondendo negativamente ad ambedue i casi sopra ipotizzati ; secondo altro , inaugurato dall’unica sentenza della Corte Suprema (quella per l’appunto appena citata n. 20214/04) , occorrerebbe operare un distinguo : <<se e’ indubitabile che per le impugnazioni dichiarate inammissibili nulla compete al difensore dell’ammesso al patrocinio dei non abbienti in base alla norma volta a scoraggiare impugnazioni infondate e dilatorie (ed eventualmente volte piu’ a lucrare un onorario che ad ottenere un risultato utile per il cliente), e’ altrettanto vero che per la convergente attivita’ di difesa avverso l’impugnazione del P.M. l’attivita’ dev’essere remunerata, trattandosi di attività distinta sul piano logico pur se la stessa attività sia volta al duplice fine. Ne’ e’ esatto affermare che non sia possibile operare distinzioni: premesso che, ad es., e’ pacifico che l’atto d’impugnazione, ove prescinda dall’impugnazione del P.M., non debba essere oggetto di remunerazione, deve affermarsi che le attivita’ finalizzate unicamente a contrastare l’impugnazione del P.M. o anche a svolgere detta funzione di contrasto debbono essere remunerate, e la quantificarne della liquidazione da un minimo ad un massimo terra’ conto, in tale ultimo caso, unicamente dell’attivita’ di contrasto all’altrui impugnazione.Diverso discorso potrebbe essere fatto unicamente qualora l’impugnazione del P.M. sia incidentale, e cioe’ provocata dall’impugnazione inammissibile in favore dell’imputato, ma nulla lascia ritenere che sia questo il caso.>>
Ovvio quindi che la Corte Suprema risponde affermativamente al secondo quesito ; ma ci offre anche una duplicità di considerazioni , idonee ad aprire – forse – una breccia nell’alveo del primo quesito (che abbraccia i casi più numerosi) : a) non è vero che non si possono ipotizzare distinzioni; b) la ratio legis, consistente nello “scoraggiare impugnazioni infondate e dilatorie volte piu’ a lucrare un onorario che ad ottenere un risultato utile per il cliente”, può orientare il Giudice nel discernimento dei casi meritevoli di un onorario.
Dunque , superato il vaglio di inammissibilità della sezione filtro, si fissa udienza pubblica , ove , il difensore dell’imputato ( o parte civile) si reca per svolgere la discussione ex art. 614 c.p.p. .; se all’esito il ricorso venga dichiarato inammissibile a rigore non potrà dirsi che il difensore non abbia – in assoluto – diritto all’onorario : il Giudice competente a provvedere sulla liquidazione ( Corte d’appello tranne i casi di ricorsi immediati in Cassazione nel cui caso è competente il Giudice di 1° grado) potrebbe in teoria “valutare” l’impugnazione non infondata e dilatoria, riconoscendo il compenso al difensore; ma i tempi non sono propizi per le casse dello stato1 (cfr da ultimo l’introduzione dell’art. 106 bis DPR 115/2002 che ha ulteriormente decurtato l’onorario del difensore) che , in una con l’esiguità delle pronunzie giurisprudenziali (quelle citate sono le uniche reperibili) , sembrano non lasciar molte speranze al difensore – seppur scrupoloso , “salvato” dalla 7° sezione ma “castrato” dalla decisione resa in calce all’udienza pubblica .
IL PROCESSO PENALE TELEMATICO . 1° puntata (Frascati, Ottobre 2014)
L’impulso che l’attuale esecutivo sta dando al Processo Civile Telematico , rispetto al quale il penale sta muovendo i suoi primi passi, fan ben sperare i fautori di una riforma della giustizia penale (a costo zero o quasi) in grado di liberare , e renderle disponibili per servizi più “essenziali”, molte risorse umane del personale ad essa applicato .
In quell’ambito già a partire dal 30 Giugno di quest’anno i decreti ingiuntivi si depositano solo “on line” (vedasi Legge di Stabilità 2013 n. 218/2012 ) per il resto , il deposito degli atti processuali e di documenti , dovrà avvenire con modalità telematiche.
Vediamo da vicino nel penale , lo stato dell’arte della informatizzazione , distinguendo le novità normative dalle “utilità” a vario titolo fruibili dall’utenza .
NORME TELEMATICHE.
L’aspetto normativo toccato dall’informatizzazione del processo penale è quello delle notificazioni e comunicazioni (art. 148 e ss. c.p.p.).
L’art. 4 DL 29/12/2009, n. 193 (recante Misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia) al comma III° che va a modificare l’art. 51 d.l. 112/2008 conv in L. 133/2008 così recitava :
<< «1. A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 2, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, le notificazioni e le comunicazioni di cui al primo comma dell’articolo 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell’articolo 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La notificazione o comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata solo per estratto con contestuale messa a disposizione, sul sito internet individuato dall’amministrazione, dell’atto integrale cui il destinatario accede mediante gli strumenti di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
- Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi entro il 1° settembre 2010, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell’ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1.
- A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l’indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario.>>.
Sulla stessa materia è successivamente intervenuto l’art. 16 D. L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito nella L. 17 12 2012 n. 221 (abrogando la disposizione di cui sopra), che così ha stabilito dal comma IV° (sottolineate le disposizioni che interessano la giustizia penale):
<<4. Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria.
- La notificazione o comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata solo per estratto con contestuale messa a disposizione, sul sito internet individuato dall’amministrazione, dell’atto integrale cui il destinatario accede mediante gli strumenti di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
- Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario.
- Nei procedimenti civili nei quali sta in giudizio personalmente la parte il cui indirizzo di posta elettronica certificata non risulta da pubblici elenchi, la stessa può indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale vuole ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al procedimento. In tale caso le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria, si effettuano ai sensi del comma 4 e si applicano i commi 6 e 8. Tutte le comunicazioni e le notificazioni alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti sono effettuate esclusivamente agli indirizzi di posta elettronica comunicati a norma del comma 12.
- Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano l’articolo 136, terzo comma, e gli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile e, nei procedimenti penali, si applicano gli articoli 148 e seguenti del codice di procedura penale.
- Le disposizioni dei commi da 4 a 8 acquistano efficacia:
- a) a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria di cui sono destinatari i difensori, nei procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali e alle corti d’appello che, alla predetta data sono già stati individuati dai decreti ministeriali previsti dall’articolo 51, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
- b) a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per le comunicazioni e le notificazioni di cui alla lettera a), per i procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello che alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono stati individuati dai decreti ministeriali previsti dall’articolo 51, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
- c) a decorrere dal trecentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per le comunicazioni e le notificazioni di cui ai commi 4 e 7, dirette a destinatari diversi dai difensori nei procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello;
c-bis) a decorrere dal 15 dicembre 2014 per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale nei procedimenti dinanzi ai tribunali e alle corti di appello;
- d) a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 10 per gli uffici giudiziari diversi dai tribunali e dalle corti d’appello .
- Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense e i consigli dell’ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando:
- a) gli uffici giudiziari diversi dai tribunali e dalle corti di appello nei quali trovano applicazione le disposizioni del presente articolo;
- b) gli uffici giudiziari in cui le stesse disposizioni operano per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale.
- 11. I commi da 1 a 4 dell’articolo 51 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono abrogati.
Dunque, già dall’entrata in vigore dell’art. 4 DL 29/12/2009, n. 193 le comunicazioni e notificazioni nel processo penale avrebbero dovuto già farsi , sicuramente dal D.M. 21 febbraio 2011, n. 44., che contiene le regole tecniche evocate dalla norma indicata, in modalità telematica : così è stato a Torino , ove il processo ethernit svoltosi in appello , ha visto il debutto delle nuove procedure (c’erano oltre 600 parti civili da avvisare) .
Ma , si sa, in Italia le novità si debbono digerire molto lentamente , ecco quindi l’art. 16 cit. che ritarda , anacronisticamente posticipandole, procedure già adottate da realtà modello (leggasi sempre Uffici Giudiziari di Torino , ove , ad es. dal 1 al 14 ottobre 2012 sono state inviate ben 3932 notifiche a mezzo pec , fonte http://www.medialaws.eu/giustizia-digitale-2/).
Cosa è successo , in sintesi , per il penale : Uffici Giudiziari di Tribunali e Corti di appello possono attendere sino al 15 dicembre 2014 , quelli diversi da loro , ancor più tardi se e quando lo consentiranno i decreti attuativi !! E non è un ritardo di poco conto sol che si pensi che oltre alle “altre persone diverse dall’imputato” , possono essere raggiunti dalla notifica penale informatica anche i difensori presso cui l’imputato stesso ha eletto domicilio (ovvia conclusione dopo Cass SS UU 28-04-2011, n. 28451: <<La notificazione di un atto all’imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui possa o debba effettuarsi mediante consegna al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell’art. 148, comma secondo bis, cod. proc. pen.>>)..
Ed è ancora da chiarire il punto relativo al comma V° ossia quando la comunicazione verta su “dati sensibili” : cosa si intende? Sembra potersi affermare che tutto ciò riguarda il penale sia “sensibile”, o forse si fa riferimento ad aspetti “sanitari”? E poi quale è il sito dove “scaricare” il plico ? Ci vorrà una smart card? Occorre rendere obbligatoria anche quella oltre ad un indirizzo pec ? Forse è il momento di prendere atto che , quando ci sono interessi confliggenti – riservatezza contro diritto ad un processo più veloce e snello – debba prevalere la seconda senza voler sacrificare la prima, che verrà affidata alle cure diligenti del difensore-custode della notifica.
E poi , vi è sempre , la scappatoia , per l’ufficio giudiziario, di avvalersi delle antiche procedure cartacee (comma VIII°) << Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario..>> : non sono chiari ambiti e natura di tale evenienza , ammesso che le notifiche via pec non ammettono , se non in casi veramente eccezionali, ipotesi di impossibilità oggettiva . Insomma , altro passo indietro.
Ma tant’è . L’importante è forse, finalmente , atteso l’avvicinarsi del 15 12 2014 , che trainati dagli Uffici Giudiziari più “virtuosi”, si raggiunga questo primo step del processo telematico penale con risultati dignitosi .
Il sistema che si sta implementando viene in gergo indicato come SNP ( è un acronimo che sta per Sistema Notifiche Penali , ed è la piattaforma intorno a cui ruotano gli applicativi predisposti all’uopo dal Ministero) .
Altro aspetto normativo (seppur indirettamente) lambito dall’introduzione dello strumento della posta elettronica certificata , risiede tutto nella equiparazione tra pec e raccomandata (cfr sempre a firma dello scrivente In tema di notificazioni a mezzo posta elettronica-osservazioni a Sez.II, 29 settembre 2011 (dep. 14ottobre 2011), n. 37037, B.V., P. 1803, Cassazione penale, Giuffrè ,n.05/2012) in considerazione del fatto che molteplici norme del codice di rito fanno riferimento a quest’ultima (cfr. l’art. 96, sull’invio della nomina del difensore, l’art. 152 sulle notificazioni richieste dalle parti private; l’art. 154 sulle notificazioni alla persona offesa; l’art.157; l’art.162 sulla comunicazione del domicilio dichiarato o eletto; l’art.169 sulle notificazioni dell’imputato all’estero, l’art. 583 sulla spedizione dell’atto di impugnazione). Se si opta per quell’equiparazione ( e , a contesto normativo attuale, non si può dubitarne) lo strumento della pec può avere molteplici applicazioni , utili al difensore per evitare le croniche file presso gli uffici giudiziari (e postali) , oltre che per svuotare cancellerie di tribunali sempre più afflitte da carenza di organico.
UTILITÀ TELEMATICHE
In effetti , di processo penale telematico non è ancora propriamente il caso di parlare (e ci dedicheremo da qui in futuro a più riprese in concomitanza di eventi, normativi e non, utili allo scopo) , ma qualcosa si muove ed è sempre da apprezzare in un paese arretrato per l’informatizzazione della giustizia .
A] Informazioni ex art. 335 c.p.p.
E’ operativa , sulla piattaforma del polisweb messa su dal Ministero, la funzionalità con cui è possibile richiedere e ricevere dalle Procure della Repubblica il rilascio delle informative ai sensi
dell’art. 335 c.p.p. senza dover accedere fisicamente agli Uffici giudiziari.
E’ necessario avere , come prerequisito , un dispositivo di firma digitale (chiavetta usb o smart card) che consenta al sistema di identificare il difensore richiedente , nonché la nomina a difensore da inoltrare in formato pdf (ed esibire in originale in caso di specifica richiesta).
Per adesso le Procure della Repubblica presso i Tribunali che hanno aderito sono le seguenti : Ancona , Bari , Brindisi, Campobasso , Firenze, Foggia, Forli-Cesena , Gela, Genova , Isernia, Larino , La Spezia , Matera, Napoli, Nuoro, Palermo, Rimini, Roma, Sala Consilina, Santa Maria Capua Vetere, Savona, Siracusa , Taranto, Termini Imerese, Trapani , Venezia, Vercelli.
B] Copie degli atti (trascrizioni verbali d’udienza)
Su questo fronte la realtà pilota è la Toscana, che è stato il primo distretto a sperimentare il sistema di gestione dei fascicoli penali. Ad es. presso la Procura di Pisa è stata creata la possibilità, da parte degli Avvocati di registrare un proprio account che consentirà, una volta attivato, di poter scambiare con un canale sicuro (protocollo https) documentazione digitale (ad es. file pdf con la copia dei fascicoli).
Il Tribunale di Roma ha da poco avviato , sulla esperienza di una diligente pratica di scannerizzazione dei fascicoli inaugurata già da tempo dall’Ufficio Gip dello stesso organo giudiziario , il rilascio di copie su file pdf da inoltrare all’indirizzo pec rilasciato dal difensore all’atto della richiesta .
Attualmente sono tante altre le realtà giudiziarie locali che stanno proponendo , nell’ambito delle autonomie organizzative e gestionali , moduli “semplificati” di scambio di informazioni e consegna delle copie (anche il Tribunale e la Procura di Catania si stanno rivelando ambiti pionieristici) , ma non possiamo ricordarle tutte.
Importante invece che sulla piattaforma polisweb è attualmente operativa la possibilità di richiedere telematicamente le trascrizioni dei verbali di udienza pagando i relativi diritti di copia( il DL 29/12/2009, n. 193 è stato di impulso in tal senso ) ; il servizio è in uso sperimentale presso i Tribunali di Ancona, Avezzano, Bari, Bolzano, Campobasso, L’Aquila, Lanciano, La Spezia, Napoli, Palermo, Pescara, Reggio Emilia, Roma, Sulmona, Teramo, Termini Imerese, Vasto.
C]Procedimenti in Cassazione
E’ operativa , già da alcuni anni , la possibilità di visualizzare per i difensori, gli eventi dei fascicoli propri pendenti innanzi alla Suprema Corte di Cassazione , e di consultare l’esito ( tramite abbonamento attivabile da banche dati di cassa forense (https://portaleavvocati.visura.it/ homepageAreeTematicheAction.do) è possibile ottenerne la sentenza in formato pdf.
Torneremo presto sull’argomento .
IL PROCESSO PENALE TELEMATICO . 2° puntata (Frascati, Gennaio 2015)
Doveroso dare contezza, dopo la 1° puntata, delle novità scoccate dal 15 12 2014 , data di entrata in vigore , in buona sostanza, del processo penale telematico , sub specie di notifiche via pec a soggetti diversi dall’imputato, ex art 16 D. L. 18 ottobre 2012 n. 179 .
Non abbiamo ancora statistiche ufficiali sull’utilizzo del nuovo regime , ma la novità è rappresentata principalmente dalla Circolare del Ministero di Giustizia, datata 11 12 2014 , che fornisce alcune regole ed orientamenti specifici:
- a) le nuove modalità si estendono anche a Procura della Repubblica e Procura Generale (anche in veste di esecuzione e/o prevenzione), oltre che a relativi Tribunali e Corti di appello ; no per Cassazione e Giudici di Pace (per i quali occorre attendere i relativi decreti attuativi non ancora emanati) , a cui vanno assimilati Tribunale dei Minorenni e Sorveglianza
- b) oltre che alle ipotesi previste dall’art. 16 (notifiche a persone diverse dall’imputato, con mezzi tecnici idonei, in caso di urgenza , richieste dal P.M. ), ed in virtù di un orientamento inaugurato con Cass SS UU n. 32398/11 (a proposito dell’invio a mezzo fax) , suddette notifiche coprirebbero un area abbastanza estesa perché ingloberebbero anche quelle indirizzate agli imputati in tutti quei casi in cui (elezione di domicilio, irreperibilità , impossibilità ex 161 c.p.p., latitanza, trasferimento all’estero) la consegna deve essere fatta al difensore (senza necessita di esperire prima il deposito nella casa comunale previsto dall’art. 157, comma ottavo, cod. proc. pen.);
- c) Non c’è bisogno che il Giudice autorizzi di volta in volta la notifica , tranne i casi in cui venga effettuata per ragioni di urgenza;
- d) se la notifica a mezzo pec risulta impossibile per causa imputabile al destinatario ( ad es perché il difensore non si è accorto che la sua casella di posta va svuotata ) le notifiche si effettueranno mediante deposito in cancelleria ; se invece l’impossibilità dipenda dall’ufficio (rete o server di posta non disponibile) si ritornerà al sistema tradizionale cartaceo; nel caso in cui non si capisca se sia imputabile o meno al destinatario (ad es l’indirizzo pec risulta errato ma se ne ignora la causa) si attiva il sistema tradizionale unitamente alla comunicazione al Presidente del Cdo competente affinché stimoli l’interessato a porre in essere tutti gli accorgimenti atti a rimuovere l’ostacolo;
- e) quando la notificazione ha ad oggetto dati sensibili , ossia : <<idonei a rivelare I ‘origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale>> (ex art. 4 I° co., lett. d) del d. lgs. n. 196 del 2003), per evitare che chiunque , nello studio del difensore , scaricando la posta elettronica , ne prenda visione , è previsto un sistema che rimandi ad un link del Ministero , cui si ha accesso inserendo dati personali.
Rimaniamo , a questo punto, in attesa dei primi monitoraggi.
UNA BREVE RIFLESSIONE SU CIRCOLARE PROCURA VELLETRI DEL 17 12 2014 (non si potrebbero inviare pec dallo studio del difensore all’Ufficio Giudiziario) (Frascati, Gennaio 2015)
Leggiamo dalla circolare in commento : << Si evidenzia che l’attuale scenario normativo e tecnico non consente l’inoltro a mezzo PEC di qualsivoglia atto o istanza provenienti da difensori, imputati/indagati o da altre parti private e diretti a questo ufficio di Procura. Le disposizioni di cui all’art 16 D.L. n. 179/12 introducono, infatti, il concetto di ordinarietà ed esclusività dello strumento della PEC, quale mezzo tecnico idoneo ex art. 148, comma 2bis, c.p.p., con riferimento alle sole notificazioni disposte dal Giudice o dal Pubblico Ministero, in nulla derogando alla vigente disciplina codicistica per quanto attiene alle modalità di trasmissione e deposito delle istanze processuali indirizzate agli uffici. Sotto il profilo strettamente tecnico ed organizzativo, inoltre, allo stato non sono disponibili indirizzi di pasta elettronica – certificata assegnati ai singoli uffici dei Sostituti Proc. Rep., nè risulta compiutamente implementato un sistema di smistamento – ai vari magistrati di eventuale posta elettronica certificata in entrata verso uno degli indirizzi PEC resi disponibili per quest’ Ufficio di procura. La trasmissione di atti ed istanze relativi a procedimenti penali pendenti dovrà, pertanto, essere effettuata attraverso ordinario deposito in segreteria (e/o presso gli uffici centralizzati deputati alla ricezione degli atti).>>.
Ci sono altre considerazioni che militano , ormai è da anni che ci battiamo per questo (vedasi i molti contributi presenti su questo sito nella sezione News, oltre agli articoli a firma dello scrivente, evocati nella sezione “chi siamo” ), a favore della direzione opposta , ossia possibilità per il difensore di inviare, via pec , atti all’Ufficio Giudiziario .
Partiamo dal dato normativo .
Per evitare al lettore di navigare a vuoto nel mare magnum dei suddetti, pur numerosi scritti, si intendono qui di seguito ricapitolare , schematicamente per un’agevole e comprensibile lettura , le argomentazioni a supporto di quell’opzione :
- a) Il dato normativo su equiparazione tra pec e raccomandata. L’art. 48 d. lgs 7 marzo 2005 , n. 82 – cd. CAD ossia ‘Codice dell’amministrazione digitale’ – così come riscritto dal provvedimento ‘correttivo’ del 2010 (d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 2359) – equipara la posta elettronica certificata (P.E.C.) alla trasmissione postale a mezzo di lettera raccomandata, capovolgendo la regola precedente secondo la quale le ipotesi di equiparazione delle due modalità di trasmissione dovevano essere espressamente previste dalla legge. Tale disposizione, dopo aver previsto al primo comma che «La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA», al secondo comma, così come questo risulta a seguito delle modifiche del 2010, aggiunge che «la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta». Si tratta di una significativa modifica al testo originario del 2005, che prevedeva la diversa regola secondo cui «la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta».
In realtà esistevano già alcune disposizioni che ‘tendevano’ – sempre in generale, al di là dello specifico contesto delle procedure giudiziarie – a quella equiparazione. Rilievo particolare assume in proposito l’art. 16, comma 9, d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito in legge 2/2009) secondo il quale le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, imprese in forma societaria e professionisti, in regola con gli adempimenti (obbligatori) previsti nello stesso decreto, possano avvenire tramite pec senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l’utilizzo. Poiché tali adempimenti consistono sostanzialmente nella regolare pubblicazione dell’indirizzo di P.E.C. (pubblicazione avvenuta e consultabile su http://www.indicepa.gov.it. ove si trovano tutti gli indirizzi pec degi uffici “protocollo” di Tribunali e Procure di tutta Italia ), tra queste categorie di soggetti non è necessario ottenere dal destinatario una preventiva dichiarazione di disponibilità, perché questa è implicita nella pubblicazione dell’indirizzo P.E.C..
Insomma, se sono soddisfatti tutti i requisiti tecnici previsti dalla legge per l’invio del messaggio di posta elettronica certificata, esso contiene tutti i crismi dell’atto giudiziario inviato via raccomandata presso la cancelleria del giudice competente. Quando dunque il difensore – mittente – abbia ricevuto sulla propria casella di posta elettronica certificata l’attestazione di avvenuta consegna del messaggio contenente il file (ad esempio, un atto di appello), potrà comunicare al proprio cliente l’ avvenuta definizione dell’adempimento .
E’ pacifico, comunque, che con la nuova formulazione dell’art. 48 del ‘codice dell’amministrazione digitale’, la trasmissione dell’atto difensivo può avvenire tramite P.E.C., stante «la equiparazione con il mezzo della posta». Ne consegue che in tutti i casi in cui il codice di procedura penale consente l’invio di atti tramite la posta raccomandata – vengono in gioco l’art. 96, sull’invio della nomina del difensore, l’art. 152 sulle notificazioni richieste dalle parti private; l’art.154 sulle notificazioni alla persona offesa; l’art.157; l’art.162 sulla comunicazione del domicilio dichiarato o eletto; l’art.169 sulle notificazioni dell’imputato all’estero, l’art. 583 sulla spedizione dell’atto di impugnazione – il mezzo tradizionale può essere sostituito da quello elettronico [8].
Ricordiamo inoltre che , il d.m. 21 febbraio 2011 n. 44, «Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione» (in G.U. n. 89 del 18 Aprile 2011), ha introdotto le regole attinenti alla formazione e trasmissione di un atto in via telematica all’interno del c.d. processo telematico, stabilendo che la trasmissione di atti avverrà, tra gli avvocati (c.d. soggetti abilitati interni) e la cancelleria , sempre tramite posta elettronica certificata (art. 13). Ciò non può che aver rafforzato l’equiparazione normativa della trasmissione per via telematica allo strumento postale, sancita dall’art. 48 del codice dell’amministrazione digitale.
- b) gli altri dati normativi (specifici)
Si rimanda all’art. 16 D. L. 18 ottobre 2012 n. 179 segnalando che , oltre ai commi 4,5,6,8,9,11 (già riprodotti nel Contributo su Processo Penale telematico 1 puntata , vedasi sopra) è inserito il seguente comma 12° : <<Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano al Ministero della giustizia, con le regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, entro il 30 novembre 2014 l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati. (Comma così modificato dall’art. 1, comma 19, n. 1), lett. b), L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e, successivamente, dall’art. 47, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114).
- c) l’evoluzione giurisprudenziale
In teoria, tutte le memorie difensive potrebbero essere veicolate agli uffici giudiziari incorporate in un semplice file da spedire in modo digitale, visto che la Corte Suprema già da tempo ha riconosciuto la possibilità alle parti di depositare memorie e richieste ex art. 121 c.p.p. anche a mezzo raccomandata. (cfr Sez. III, 21 febbraio 2008, n. 14223, Bongiolatti, secondo cui, «la scelta di un mezzo tecnico diverso dal deposito in cancelleria per la presentazione delle memorie nel giudizio camerale di cassazione, come previsto in via generale dall’art. 121 c.p.p., non determina alcuna nullità ovvero inammissibilità dell’atto, in difetto di disposizioni che prevedono simili sanzioni processuali»; nella specie, la memoria era stata trasmessa con raccomandata con ricevuta di ritorno).
Poi è interessante vedere cosa è successo sul versante dell’impiego del fax , che per analogia e “tecnicismo” può essere assimilato alla pec , con le ovvie maggiori garanzie ottenibili da quest’ultima : la famosa sentenza di Cass SS UU 28-04-2011, n. 28451 sappiamo che ha dato la possibilità di notificare via fax (o con altro strumento tecnico idoneo ai sensi dell’art. 148 comma II° bis c.p.p.) al difensore, anche un atto destinato a imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui possa o debba effettuarsi mediante consegna al difensore.
Di recente Cass Sez. un., ud 14 03 2014 , dep. 29 09 14 , n. 40187 , ricorrente L.A, resa famosa perché in materia di sciopero del difensore (specificamente sulla possibilità del Giudice di valutare discrezionalmente la richiesta di rinvio per adesione allo sciopero dei difensori, possibilità del tutto negata) , ma altrettanto innovativa sul punto della ritualità della presentazione dell’istanza di adesione allo sciopero, in quel caso inoltrata , appunto , a mezzo fax : i Giudici affermano che la dichiarazione del difensore di astensione fatta pervenire a mezzo fax alla cancelleria del giudice procedente, deve ritenersi ricevibile ed ammissibile e sciorinano una serie di argomentazioni , riprese puntualmente da Cass Sez I, 19-09-2014 (dep. 29-10-2014) n. 44978, secondo cui
la lista testi prevista dall’art. 468 c.p.p. può essere inoltrata alla cancelleria del giudice competente, a mezzo fax (o con altro strumento telematico) ; in queste due recentissime decisioni sembra capovolto il pur recente orientamento dei Giudici di legittimità poco sensibile alle opportunità offerte dai nuovi strumenti telematici : ci riferiamo a Cass Sez. III – C 11 febbraio 2014 (dep. 13 febbraio 2014), n. 7058 Vacante, Rv. 258443 , ove si statuisce che non si può inviare via pec la richiesta di legittimo impedimento e Cass. pen. sez. III 1 gennaio 2014 (dep. 17 febbraio 2014), n. 7337, ove si afferma che il difensore non può inviare l’atto di impugnazione via raccomandata on line.
D’altronde la stessa Circolare 11 12 2014 del Ministero di Giustizia (commentata in questo sito nella sezione Contributi (Processo Penale Telematico 2 puntata) , che detta canoni per l’utilizzo della Pec a partire dal 15 12 2014, proprio per sottolineare che le restrizioni soggettive previste dall’art. 16 cit (persone diverse dall’imputato) soffriranno della importante eccezione data dalla su citata sentenza Cass SS UU 28-04-2011, n. 28451( si potrà utilizzare la pec anche per notificare a agli imputati in tutti quei casi in cui (elezione di domicilio, irreperibilità , impossibilità ex 161 c.p.p., latitanza, trasferimento all’estero) stabilisce propriamente che la pec , da addirittura uguali se non maggiori garanzie rispetto al fax : << Per quanto dettato in relazione a un caso di notifica avvenuta a mezzo telefax, non v’e dubbio che il principio di diritto dettato dalle Sezioni unite possa investire la notifica telematica, eretta oggi a mezzo tecnico privilegiato tra quelli genericamente menzionati dal l’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., mezzo al quale possono senz’altro estendersi, come meglio si vedra, le garanzie di affidabilità considerate dal giudice di legittimita nella pronuncia richiamata …>>
Di conseguenza , se è vero che il fax può essere mandato al difensore per notificargli anche atti degli imputati , e se il difensore può inviare con lo stesso mezzo istanza di adesione a sciopero e lista testi presso le cancellerie ( ma , ormai è lecito sostenere , in ogni altro caso in cui non è prevista, da un espressa disposizione normativa, la consegna diretta in cancelleria) , come è possibile dubitare che non possa inviare anche la pec , dopo la “equiparazione tecnologica” avallata dallo stesso Ministero ?
Per concludere : in tutti i casi in cui l’accesso in cancelleria non è espressamente previsto , compresi i casi in cui l’atto può essere trasmesso via raccomandata , il difensore potrà utilizzare la pec .
Passando invece agli ostacoli tecnici : tutti i Tribunali e Procure d’Italia sono dotati di un indirizzo pec che funge da ufficio protocollo ; ciò potrebbe bastare , per far decollare il sistema , in attesa che ciascuna sezione , articolazione od ufficio del singolo P.M. venga dotato di un proprio indirizzo pec 2
NUOVE TECNOLOGIE (OGNI TANTO LA CASSAZIONE “LE VEDE”): SI ALLA LISTA TESTI INVIATA VIA FAX (CASS SEZ. I, 19-09-2014 (dep. 29-10-2014) n. 44978 (Frascati , Gennaio 2015)
Anzitutto riportiamo il principio di diritto sancito dalla decisione in commento : <<La lista testi prevista dall’art. 468 c.p.p. può essere inoltrata alla cancelleria del giudice competente, a mezzo fax (o con altro strumento telematico) e sempreché il trasmittente si assicuri della corretta ricezione del messaggio da parte del destinatario, assumendosi ogni responsabilità dell’eventuale carenza della comunicazione effettuata non a mezzo della consegna materiale diretta alla cancelleria (massima redazionale)>>.
Pregevole decisione della Corte Suprema, sebbene proprio di recente sembrava non “vedere” le opportunità offerte dalle nuove tecnologie informatiche applicate al processo penale (vedasi sentenza Cass Sez. III – C 11 febbraio 2014 (dep. 13 febbraio 2014), n. 7058 Vacante, Rv. 258443 , con osservazioni di Giuseppe Caputo , in Cassazione Penale, Giuffrè, 2014, n.07-08, p. 2565-2568, ove si statuisce che non si può inviare via pec la richiesta di legittimo impedimento e Sez. Cass. pen. sez. III 1 gennaio 2014 (dep. 17 febbraio 2014), n. 7337, con osservazioni di Giuseppe Caputo, in Cassazione Penale, Giuffrè , 2014 , n. 6, pagg.2194-2197, ove si afferma che il difensore non può inviare l’atto di impugnazione via raccomandata on line).
Ad aprire ai nuovi orizzonti informatici, spezzando l’anacronistico ancoramento agli orientamenti testè accennati , ci aveva già pensato però un importante decisione delle Sezioni Unite appena depositata trenta giorni prima di quella in commento , Cass. Sez. un., ud 14 03 2014 , dep. 29 09 14, n. 40187 , resa famosa perché in materia di sciopero del difensore (specificamente sulla possibilità del Giudice di valutare discrezionalmente la richiesta di rinvio per adesione allo sciopero dei difensori, possibilità del tutto negata), ma altrettanto innovativa sul punto della ritualità della presentazione dell’istanza di adesione allo sciopero, in quel caso inoltrata , appunto , a mezzo fax.
Premettendo che il panorama delle pronunzie di legittimità era tutt’altro che pacifico, le Sezioni Unite hanno accennato ad alcune sentenze che si sono pronunciate nel senso dell’inammissibilità, perché la trasmissione via fax di tale istanza non costituisce una forma valida di comunicazione ai sensi dell’art. 121 c.p.p., e non garantirebbe la verifica dell’autenticità della sua provenienza (Sez. 1, n. 3138 del 20/01/1998, Monti, n. m.; Sez. 1, n. 6528 del 11/05/1998, Sileno, Rv. 210711); altre, nel senso diametralmente opposto, dell’ammissibilità di una comunicazione via fax, non richiedendo tale comunicazione forme particolari (Sez. 2, n. 28141 del 06/05/2004, Paolini, Rv. 229718).
Danno atto , il Supremo Consesso, anche della diversità di vedute sulla analoga questione dell’utilizzo del fax per comunicazione di richieste di rinvio per impedimento dovuto a concomitanti impegni professionali del difensore: lì si scoprono addirittura tre diversi orientamenti, secondo il primo non può consentirsi all’utilizzo del fax perchè l’art. 121 c.p.p., stabilirebbe l’obbligo per le parti di presentare le memorie e richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax è riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’art. 150 c.p.p., (in tal senso, Sez. 5, n. 46954 del 14/10/2009, Giosuè, Rv. 245397; Sez. 4, n. 21602 del 23/01/2003, Giuliano, Rv. 256498; Sez. 6, n. 28244 del 30/01/2013, Bagheri, Rv.256894; Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443, che ribadisce il principio, come già accennato con riferimento all’invio di istanze tramite posta elettronica certificata).
Diversamente esiste un secondo orientamento che taccia di nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, la sentenza emessa senza che il giudice si sia pronunciato sull’istanza di rinvio per legittimo impedimento a comparire, trasmessa via fax, atteso che tale modalità di trasmissione deve ritenersi consentita alla luce dell’evoluzione del sistema di comunicazioni e notifiche, non ostandovi il dato letterale dell’art. 420 ter c.p.p., comma 5, il quale si limita a richiedere che l’impedimento sia “prontamente comunicato”, senza indicare le modalità (cfr. Sez. 3, n. 11268 del 06/11/1996, D’Andrea, Rv. 207030; Sez. 5, n. 32964 del 24/04/2008, Pezza, Rv. 241167; Sez. 3, n. 10637 del 20/01/2010, Barila, Rv.246338; Sez. 5, n. 43514 del 16/11/2010, Graci, Rv. 249280; Sez. 5, n. 21987 del 16/01/2012, Balasco, Rv. 252954).
Secondo un terzo orientamento “intermedio” si consente il mezzo tecnico perché non vi è nessuna sanzione che ne paralizzi l’utilizzo, sempreché la parte che lo attiva (ossia il difensore) si accerti della regolare ricezione da parte dell’Ufficio ricevente (Sez. 3, n. 9162 del 29/10/2009, dep. 2010, Goldin, Rv. 246207; Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013, dep. 2014, Stucchi, Rv. 258526).
I Giudici affermano che la dichiarazione del difensore di astensione fatta pervenire a mezzo fax alla cancelleria del giudice procedente, deve ritenersi ricevibile ed ammissibile; senza porre nessuna condizione a siffatto utilizzo , dimostrando di recepire pienamente il secondo degli orientamenti appena indicati .
Ma sembrano voler dare la stura , rompendo con i vecchi schemi formalistici , alle nuove risorse tecnologiche, lì dove , corroborando la soluzione prescelta , la ritengono imposta da una <<interpretazione adeguatrice (perchè maggiormente conforme ai principi costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio), e comunque da una interpretazione sistematica meno legata a risalenti schemi formalistici e più rispondente alla evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche (cfr. art. 148 c.p.p., comma 2 bis;D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24) nonchè alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo. E’ altresì significativa l’evoluzione delle forme di comunicazione e notificazione (anche a mezzo di posta elettronica certificata) previste nel processo civile, pur se ritenute non estensibili al processo penale (Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443)>>.
Dunque entrano in gioco nell’ordine : l’abbandono degli schemi formalistici, le nuove norme in materia di processo penale telematico (che innovano il sistema delle notificazioni e comunicazioni del processo penale) , celerità e semplificazione avvinte insieme all’insegna della ragionevole durata del processo (come non dargli ragione atteso il peso sempre più incisivo , per le casse dello stato , degli oneri derivanti dai ricorsi ai sensi della c.d. Legge Pinto, n. 89 del 2001, sulla violazione del termine di ragionevole durata del processo ) .
Di più non potevamo attenderci , dopo le nostre rimostranze a quelle due decisioni , su cui espressamente (ci si riferisce alla n. 7058 Vacante) la Sezioni Unite sembrano aver preso – anch’esse – le distanze.
Venendo alla decisione in commento, essa si pone come la prima della nuova “era tecnologica” e si muove in piena simbiosi con il percorso inaugurato dalle Sezioni Unite , decretando che è pienamente ammissibile l’invio della lista testimoniale a mezzo fax poiché è soluzione che oltre a non trovare ostacoli in alcuna specifica previsione d’inammissibilità appare conforme a quelle nuove esigenze così come affermate nella pronuncia delle Sezioni Unite (abbandono degli schemi formalistici, normativa specifica su processo penale telematico e ragionevole durata del processo) .
Anche se dimostra di recepire più propriamente l’orientamento c.d. intermedio , poiché subordina l’invio con lo strumento tecnico all’onere del difensore di accertarsi della ricezione da parte dell’Ufficio Giudiziario <<purché si ripete, l’atto sia correttamente indirizzato all’autorità giudiziaria che procede e risulti colà effettivamente pervenuto e allegato agli atti>>
Ma, ci continuiamo a chiedere , forse il fax (come d’altronde la pec) non garantiscono abbastanza circa la provenienza (e conseguente ricezione) al pari (se non di più ) di una raccomandata cartacea? Il c.d rapporto fax , o il messaggio di avvenuta consegna della pec , non offrono assicurazioni al riguardo? Ci soccorre in tal senso la stessa Circolare 11 12 2014 del Ministero di Giustizia, che detta canoni per l’utilizzo della Pec a partire dal 15 12 2014, proprio per sottolineare che le restrizioni soggettive previste dall’art. 16 cit (persone diverse dall’imputato) soffriranno della importante eccezione data dalla già citata sentenza Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250121 ( si potrà utilizzare la pec anche per notificare a agli imputati in tutti quei casi in cui (elezione di domicilio, irreperibilità , impossibilità ex 161 c.p.p., latitanza, trasferimento all’estero), la quale stabilisce propriamente che la pec , da addirittura uguali, se non maggiori, garanzie rispetto al fax : << Per quanto dettato in relazione a un caso di notifica avvenuta a mezzo telefax, non v’e dubbio che il principio di diritto dettato dalle Sezioni unite possa investire la notifica telematica, eretta oggi a mezzo tecnico privilegiato tra quelli genericamente menzionati dal l’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., mezzo al quale possono senz’altro estendersi, come meglio si vedrà, le garanzie di affidabilità considerate dal giudice di legittimità nella pronuncia richiamata …>>.
In questa decisione le stesse Sezioni Unite, ricordiamolo, avevano precisato che il telefax è <<uno strumento tecnico che da assicurazioni in ordine alla ricezione dell’atto da parte del destinatario, attestata dallo stesso apparecchio di trasmissione mediante il cosiddetto OK o altro simbolo equivalente (Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250121), specificando anche che “la mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell’atto… è evidentemente legata all’esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, nè in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo, tenuto conto della evoluzione scientifica e dell’effettivo grado di diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione. Inoltre, le indicazioni automaticamente impresse sul documento ricevuto dall’ufficio sono idonee ad assicurare l’autenticità della provenienza dal difensore (peraltro facilmente controllabile dall’ufficio in caso di dubbio)>> .
L’aspetto “innovativo” , che ci preme sottolineare della decisione qui in commento è che espressamente si affianca, alle possibilità offerte dallo strumento del fax , anche quelle di ogni <<altro strumento telematico>> , con ciò quasi a voler uscire dalle briglie di una rigida interpretazione formalistica e sposare a piè pari le nuove tecnologie , per loro stessa natura (lo dicono anche le SS. UU.) non catalogabili normativamente; ovvio che il nostro pensiero corre subito alla posta elettronica certificata , sebbene la sentenza Vacante (cit) lo escluda (ma le SS UU sembrano dolersene (<<E’ altresì significativa l’evoluzione delle forme di comunicazione e notificazione (anche a mezzo di posta elettronica certificata) previste nel processo civile, pur se ritenute non estensibili al processo penale (Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443>>).
Ma , si sa, le novità vanno digerite lentamente, plaudiamo per ora al revirement , magari augurandoci che , alla prossima “fermata”, si sancisca il pieno ingresso (anche) della pec tra le opzioni di trasmissione degli atti in cancelleria: il cui personale ringrazierebbe non poco , per vedersi l’ufficio svuotato di avvocati e segretarie, in un epoca di croniche carenze organizzative e di uffici aperti a singhiozzo.
NUOVE TECNOLOGIE (INVIO DI UN ISTANZA DI AUTORIZZAZIONE USCITA ARR. DOM.RI A MEZZO FAX) , ANCORA RIOTTOSITA’ (MALGRADO LA CASSAZIONE A SEZIONI UNITE ) . NOTA A TRIB VELLETRI UFFICIO GIP E CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE, SENTENZA N. 7706/15 (Frascati, Aprile 2015)
Secondo il decreto emesso da Trib Velletri Uff. Gip in proc. pen n. 3812/14 Gip , in relazione ad un istanza di autorizzazione all’uscita dagli arresti domiciliari di un imputato << l’istanza è improcedibile [ rectius inammissibile] in quanto non depositata in cancelleria ma pervenuta a mezzo fax>>.
Già abbiamo dato contezza, in questo sito (nell’articolo che precede), della possibilità di inviare una memoria a mezzo fax, ormai pacificamente prevista da Cass SS UU n. Sent., (ud. 14-03-2014) 29-09-2014, n. 40187 , ribadita da Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-09-2014) 29-10-2014, n. 44978.
L’orientamento contrario , farebbe leva sul dato normativo ricavabile dall’art. 121 c.p.p., che stabilirebbe l’obbligo per le parti di presentare le memorie e richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, essendo il ricorso al telefax riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’art. 150 c.p.p., (in tal senso, Sez. 5, n. 46954 del 14/10/2009, Giosuè, Rv. 245397; Sez. 4, n. 21602 del 23/01/2003, Giuliano, Rv. 256498; Sez. 6, n. 28244 del 30/01/2013, Bagheri, Rv.256894; Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443, che ribadisce il principio, con riferimento all’invio di istanze tramite posta elettronica certificata).
Purtroppo la decisione del Gip di Velletri non è “isolata” perché , anche dopo l’orientamento delle SS UU 40187/14 cit. , si registrano riottosità delle singole sezioni, da ultimo Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 7706/15, ove si stabilisce che è <<Inammissibile l’istanza di rinvio dell’udienza per concomitante impegno del difensore trasmessa via telefax, poichè l’art. 121 cod. proc. pen. stabilisce l’obbligo per le parti di presentare le memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax è riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen.>>
Ma ormai le cose stanno diversamente .
Ora a parte che la stessa Cassazione (Cass. pen. Sez. I, Sent., ud. 19-09-2014, dep. 29-10-2014, n. 44978) sembra voler spingere , parallelamente all’utilizzo della pec, anche quello del fax, per cui i destini dei due mezzi tecnologici sarebbero avvinti dall’identica ratio – per dirla con le sue parole –
della celerità e semplificazione all’insegna della ragionevole durata del processo, ebbene , diversamente opinando , si perverebbe a conclusioni alquanto singolari del tipo: il difensore deve depositare le istanze in cancelleria, quest’ultima può invece inoltrare al primo , via fax (anche laddove risulti domiciliatario dell’imputato , ormai è pacifico dopo Cass SS. UU, n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250121) e via pec , tutte le comunicazioni e notificazioni del processo penale !
Insomma , la strada per l’allontanamento degli avvocati dalle cancellerie (affinché lavorino meglio entrambi) sembra ancora tortuosa ed irta di ostacoli, aspettiamoci altre novità .
IL PROCESSO PENALE TELEMATICO – (il Siamm a volte funziona : l’Ufficio spese pagate dall’Erario del Tribunale di Velletri) . 3° puntata (Frascati, Aprile 2015)
Ci occupiamo oggi della piattaforma Siamm , perché , riteniamo, anch’essa coinvolta in un progetto di informatizzazione delle attività legate al processo penale .
Premessa .
Sappiamo da tempo che il sistema che ruota intorno al pagamento degli onorari degli avvocati per le difese d’ufficio e per il patrocinio a spese dello stato è oggetto di attento monitoraggio sia dai competenti organi di categoria (CNF ed altri) che dal Ministero .
Il motivo risiede nella farraginosità (e lunghezza) della procedura che conduce al pagamento degli onorari ai difensori , che , essedo costretti ad anticipare tutte le spese (ad eccezione dei diritti di cancelleria) occorrenti per la difesa del proprio assistito, riescono a vedersi pagati gli onorari non prima di due/tre/ quattro, ed oltre, anni, dalla fine dell’espletata attività .
A partire dallo scorso anno , oltre all’obbligo di fatturazione elettronica che ha “disorientato” ulteriormente avvocati e personale di cancelleria, è decollata la piattaforma Siamm , che consente, anche per le richieste di liquidazione onorari, di avvalersi delle procedure informatiche .
Siamm è acronimo di “Sistema Informativo dell’Amministrazione” riferibile, alle liquidazioni delle spese di giustizia (copre anche le spese per periti, consulenti etc..) .
Una volta registrati , si accede ad una propria Home page che consente di visualizzare tutte le istanze di liquidazione , sia quelle riferite agli anni precedenti , quindi c.d. “cartaceee” sia quelle “web” , ossia di “attuale” inoltro; e dà contezza di come siano state evase, se c’è quindi già un provvedimento di liquidazione del Magistrato , se tale provvedimento sia divenuto “esecutivo” (per il decorso dei 20 gg previsti ex lege al fine di esercitare il diritto di reclamo di cui agli artt. 116, 170, 84 T.U. 115/02) ; se , nel caso di emissione della fattura da parte dell’avvocato , sia “in attesa del pagamento del funzionario delegato” ,ed infine, se la fattura sia stata pagata (la nomenclatura, in caso di istanza “web” è diversa rispetto a quelle cartacee, ma la sostanza non cambia).
Il sistema , qualora entrasse a regime, eviterebbe di far occupare le cancellerie dagli avvocati “petulanti” (inteso nel senso etimologico, non dispregiativo, ossia di utenti che , giustamente , chiedono di sapere…) ; oltre a conferir loro la possibilità , una volta emesso il decreto di liquidazione e trascorsi i termini per l’impugnazione, di inviare , tramite il sistema di fatturazione elettronica , la fattura agli uffici competenti senza previamente appurarsi , come da prassi previgente , della idoneità dell’Ufficio competente a “ricevere” la fattura.
Insomma bel vantaggio per utenti e personale di cancelleria , con l’aggiunta di poter sgombrare quest’ultime anche per il ritiro della certificazione di fine anno sui compensi (anch’essa “scaricabile” dal Siamm).
Purtroppo non possiamo dire allo stato che gli obiettivi siano stati raggiunti , ma , si sa, le procedure cartacee sono dure a morire , e il tempo trascorso è troppo breve per un – seppur provvisorio – monitoraggio (attendiamo lumi sul punto da chi ce li potrà fornire).
Non possiamo però sottacere , fin d’ora , delle “eccellenze” operative che possono dare degli input sulle potenzialità del sistema informativo.
Dalla nostra personale esperienza , maturata su vari uffici del territorio nazionale, particolare attenzione merita quella del foro di appartenenza, ossia l’Ufficio Spese di Giustizia del Tribunale di Velletri ; vediamo nello specifico: istanza liquidazione onorari inviata , a mezzo Siamm, il giorno 10 aprile 2015 , il giorno successivo, ossia 11 04 15 risultava già “presa in carico” dal competente Ufficio , il 20 04 15 il Magistrato provvede sull’istanza, il giorno 21 04 15 viene notificata : il risultato è che in soli 30 giorni il difensore ha completato l’iter comprendente istanza di liquidazione – emissione di fattura , un record assoluto difficile da migliorare (sol che si pensi che nella prassi “cartacea” il tutto si completava in mesi, rectius, anni! ).
Complimenti, quindi, al responsabile dell’Ufficio competente, con l’auspicio che siffatte eccellenze locali vengano “globalizzate“ al più presto !
IL DIFENSORE PUO’ INVIARE COMUNICAZIONI E/O NOTIFICAZIONI VIA PEC AGLI UFFICI GIUDIZIARI ? (Frascati, Novembre 2015 )
Partendo da Cass. Sez. I, c.c. 28 gennaio 2015 dep. 30-04-2015 , n. 18235 sembrerebbe escludersi
la possibilità , per le parti private, di ricorrere alla pec per comunicazioni e/o notificazioni agli uffici giudiziari.
Esemplifica, la presente decisione , l’orientamento tradizionale , cui si contrappone , proprio in alcune recenti pronunce delle Sezioni unite (alludiamo a Sez. un., ud 14 03 2014 , dep. 29 09 14, n. 40187 e Sez. Un. 26 giugno 2015 dep. 22 luglio 2015, n. 32243 ) , un orientamento che potremmo definire “progressista”.
Indubbiamente , la piattaforma del processo civile telematico, con la possibilità per le parti private di inviare i propri atti in un “fascicolo” appositamente creato dal sistema , non ha avuto uno sviluppo analogo nel processo penale : qui, solo dal 15 12 2014 , gli uffici giudiziari possono procedere alle notifiche ai difensori , non viceversa.
Purtuttavia ci corre l’obbligo di segnalare (vedasi molteplici Contributi su questo sito) che tale “unidirezionalità”, oltre a stridere col generale principio di uguaglianza tra le parti pubbliche e private del processo, tralascia di considerare che, per altro verso , i difensori potrebbero già inviare degli atti via pec agli uffici giudiziari :
- a) perché molteplici norme del codice di rito consentono l’invio dell’atto a mezzo raccomandata (cfr. l’art. 96,sull’invio della nomina del difensore, l’art. 152 sulle notificazioni richieste dalle parti private; l’art. 154 sulle notificazioni alla persona offesa; l’art. 157; l’art. 162 sulla comunicazione del domicilio dichiarato o eletto; l’art. 169 sulle notificazioni dell’imputato all’estero, l’art. 583 sulla spedizione dell’atto di impugnazione) stante l’equiparazione tra pec e raccomandata prevista dall’art. 48 d.lg. 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. Codice dell’Amministrazione digitale) «la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta»;
- b) la stessa Corte Suprema , in altre pronunce , ha mostrato diversa sensibilità ai nuovi strumenti informativi , quali fax e pec , vedasi I, 19-09-2014 (dep. 29-10-2014) n. 44978 ove è stato consentito l’invio della lista testimoniale dal difensore all’ufficio giudiziario a mezzo fax (o con altro strumento telematico) e sempreché il trasmittente si assicuri della corretta ricezione del messaggio da parte del destinatario, e Sez. un., ud 14 03 2014 , dep. 29 09 14, n. 40187, che ha sancito la ritualità della presentazione dell’istanza di adesione allo sciopero inoltrata dal difensore a mezzo fax.
Va dato atto , tuttavia , in senso contrario , dell’esistenza di un orientamento “tradizionale” del Giudice di legittimità sul punto dell’inoltro a mezzo pec di istanze di rinvio per legittimo impedimento del difensore (cfr. Il difensore non può inviare via “pec” la richiesta di rinvio per legittimo impedimento, pagg. 2565-2568, Cassazione penale, Giuffrè , n. 07-08/2014, con osservazioni di G. Caputo).
Ma la sempre più alta valorizzazione che i nuovi strumenti tecnologici stanno ottenendo , anche a livello di normativa secondaria , è un altro dato che milita a favore di un utilizzo bidirezionale dello strumento : alludiamo alla circolare del Ministero di Giustizia 11 dicembre 2014 che mostra di aver recepito le più “innovative” decisioni della Corte Suprema (vedasi G. Caputo, Osservazioni a Circolare Ministero di Giustizia 11 12 2014 recante «avvio del sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali (snt)», in Cassazione penale, Giuffrè , n. 05/2015 pagg. 2093 e ss) e quella del Ministero dell’interno 17666 del 11.11. 2014 che ha sancito la possibilità , per tutti i ricorrenti , di inviare via pec il ricorso al Prefetto avverso le sanzioni comminate per infrazioni al Codice della Strada , ai sensi dell’art. 203 C.d.S., stante proprio quella equiparazione tra pec e raccomandata sancita dall’art. 48 Codice Amministrazione Digitale sopra cit.
Nella decisione n. 18235 il difensore aveva inoltrato a mezzo pec un’istanza di restituzione in termini per impugnare, seguita dall’invio a mezzo raccomandata , che , purtroppo, era giunta all’Ufficio Giudiziario con un giorno di ritardo rispetto alla decadenza prevista dall’art. 175 co.II° bis c.p.p. , non potendosi applicare analogicamente, in mancanza di espresso rinvio, le disposizioni in termini di modalità di spedizione dell’impugnazione ex 583 c.p.p (per cui vale la data della spedizione e non quella della ricezione).
Interessante sarebbe stato vedere quali ripercussioni avrebbe avuto sulla decisione della Corte Suprema se la pec fosse pervenuta in tempo e risultasse dagli atti del fascicolo della Corte di Assise di Appello di Milano.
Ma il contrasto tra la suddette decisioni della Corte Suprema potrebbe ritenersi solo “apparente” qualora si ritengano estensibili le considerazioni svolte per il fax anche alla pec , in virtù dei principi espressi nella decisione Sez. un., n. 40187/14 cit.: in quella importante decisione i Giudici hanno affermato che la dichiarazione del difensore di astensione fatta pervenire a mezzo fax alla cancelleria del giudice procedente, deve ritenersi ricevibile ed ammissibile; senza porre nessuna condizione a siffatto utilizzo , dimostrando di recepire pienamente l’orientamento che prescinde finanche dall’obbligo di controllare se l’istanza è andata a buon fine ossia se effettivamente ricevuta dalla cancelleria; e sembrano voler dare la stura , rompendo con i vecchi schemi formalistici , alle nuove risorse tecnologiche, lì dove , corroborando la soluzione prescelta , la ritengono imposta da una <<interpretazione adeguatrice (perché maggiormente conforme ai principi costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio), e comunque da una interpretazione sistematica meno legata a risalenti schemi formalistici e più rispondente alla evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche (cfr. art. 148 c.p.p., comma 2 bis;D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24) nonché alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo. E’ altresì significativa l’evoluzione delle forme di comunicazione e notificazione (anche a mezzo di posta elettronica certificata) previste nel processo civile, pur se ritenute non estensibili al processo penale (Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443)>> .
Ecco che , con quest’ultima constatazione , le Sezioni Unite ci riportano all’osservazione iniziale: il processo telematico civile non è stato “duplicato” in quello penale , ciò non toglie che vi sia un aspirazione “emulativa” , sostenuta da un contesto normativo che esalti le opportunità offerte dai nuovi strumenti tecnologici , sino al punto di consentire ai difensori di inoltrare pec agli uffici giudiziari.
Apertura che , infine , è stata “doppiata” da un’altra decisione delle Sezioni Unite (Sez. Un. 26 giugno 2015 dep. 22 luglio 2015, n. 32243 ) che , seppur dettata a risolvere un problema di diritto intertemporale , sub specie di validità delle notifiche effettuate a mezzo pec dagli uffici giudiziari (leggasi quelli Torinesi) ancor prima che scoccasse la “data di lancio” del 15 12 2014 , contiene alcuni obiter dicta idonei a corroborare le recenti aperture sull’incentivazione degli strumenti tecnologici: le novità telematiche non possono essere espressamente indicate di volta in volta , e quindi un’interpretazione letterale che le escludesse ( perché non espressamente previsti dal legislatore) peccherebbe due volte : anzitutto perché lo stesso art . 148, comma 2 bis, utilizza la formula aperta dei “mezzi tecnici idonei” e secondariamente perché anche in altri ambiti l’interpretazione “adeguatrice” è stata preferita : ad es la dizione “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” di cui all’art. 595 c.p., comma 3, ha consentito di ritenere aggravata la diffamazione consumata tramite internet (cfr. Sez. 5, n. 40980 del 16/11/2012, Nastro, Rv 254044; Sez. 5, n. 29221 del 06/04/2011, De Felice, Rv 250459); in buona sostanza , quando si tratta di disciplinare un fenomeno soggetto a notevoli cambiamenti per via della imprevedibilità (e della celerità) del progresso tecnologico bene ha fatto il legislatore ordinario e costituzionale a prevedere delle formule aperte che si adattassero alle nuove esperienze.
Lecito attendersi che le Sezioni Unite abbiamo inaugurato un nuovo corso , che metta definitivamente a tacere istanze “vetero-formalistiche” nel segno della celerità e della speditezza del processo, rectius di un “giusto” processo .
TRIBUNALE DI VELLETRI : UNA DECISIONE DEL GIP UN PO’ PARTICOLARE, A VOLTE LA VALUTAZIONE SULL’IDONEITÀ DEL MATERIALE PROBATORIO CEDE IL PASSO ALLA VALUTAZIONE SULLA “DECISIVITÀ” DELLO STESSO (NOTA A TRIBUNALE DI VELLETRI UFFICIO GIP 29 GENNAIO 2018) (FRASCATI SETTEMBRE 2018)
Segnaliamo all’attenzione dei lettori un caso un po’ particolare patrocinato dal nostro studio, che, supponiamo, possa inaugurare una nuova lettura (da noi aspramente criticata) del canone previsto dall’art. 125 disp. Att. (inidoneità degli elementi raccolti nelle indagini a sostenere l’accusa in giudizio) .
Il caso era il seguente : una donna denuncia di essere strattonata e minacciata da due individui sull’uscio della sua abitazione per questioni di liti condominiali ; a supporto allega certificato di pronto soccorso e sommarie informazioni testimoniali di un parente che aveva assistito ai fatti sia pure nelle immediate sequenze successive all’alterco.
Il pubblico ministero chiede l’archiviazione adducendo che i fatti non hanno trovato riscontro oggettivo nel certificato medico e nelle s.i.t. raccolte. La persona offesa propone opposizione ed il gip emette la seguente ordinanza:
Il giudice , letti gli atti del procedimento penale su indicato nei confronti di (omissis) esaminata la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero presso questo tribunale in data 18 marzo 2015, relativamente ai reati di cui agli artt. 582, 614, 615 e 612 c.p. Commessi in (omissis) esaminata l’opposizione alla richiesta di cui sopra, presentata dalla persona offesa (omissis) all’esito dell’udienza camerale fissata ex articolo 409, comma 2°, c.p.p. valutate le argomentazioni addotte dalle parti, rilevato che le dichiarazioni della persona offesa come esposte in querela trovano riscontro, non solo, nel certificato medico di Pronto Soccorso asseverante lo stato di salute della predetta (“crisi ansiosa reattiva ad aggressione verbale e contusione al braccio destro”) e nelle dichiarazioni nel corso delle sommarie informazioni (omissis) ma altresì dalla stessa denuncia sporta dal (omissis) Al fine di individuare le singole condotte di reato eventualmente ascrivibili ai prevenuti occorre compiere ulteriore integrazione probatoria tramite esame della persona offesa che sarà chiamata a precisare il ruolo assunto da ciascun indagato nel corso della riferita aggressione; ritenuto, pertanto. che la richiesta di archiviazione non possa essere accolta; P.Q.M. Visti gli articoli 409 e 411 c.p.p. ordina che il Pubblico Ministero proceda a svolgere l’integrazione probatoria sopra indicata nel termine di mesi quattro Ordina la restituzione degli atti al Pubblico Ministero in sede.
Dopo che si è proceduto all’acquisizione integrativa , chiesta di nuovo l’archiviazione da parte del P.M. e riproposta di nuovo opposizione da parte della persona offesa, il Gip, contraddicendo il precedente provvedimento, dispone quanto segue:
Il giudice , letti gli atti del procedimento penale su indicato nei confronti di (omissis) , esaminata la richiesta di archiviazione (omissis) in relazione ai reati di cui agli artt. 110,582, 612bis e 614 c.p. esaminato l’atto di opposizione avanzato nell’interesse di (omissis) all’ esito dell ‘udienza in camera di consiglio OSSERVA ritenuto che trattasi di questione spiccatamente civilistica attinente alla proprietà ed all’uso di uno spazio adibito a cortile sito (omissis) . Entrambe le parti rivendicano la piena titolarità dell’area che la (omissis) riferisce essere intercIusa con più di un cancello oramai da tempo mentre il (omissis) rivendica la sua esclusiva proprietà lamentando che con l’apposizione del cancello gli è stato impedito di accedere al suo terreno (cfr. denunce /querele sporte reciprocamente dalle parti). Certamente in data (omissis) vi è stato un alterco fra le parti ma considerate le ragioni della lite deve escludersi che sussista il dolo del reato di violazione di domicilio come ipotizzato. A seguito dell’integrazione probatoria già disposta da quest’ Autorità Giudiziaria, deve evidenziarsi che quanto riferito a sommarie informazioni dalla persona offesa in data (omissis) ha meglio delineato i fatti per cui si procede. In primis, l’unicità dell’episodio asseritamente aggressivo subito dalla (omissis) esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 612bis C.p .. Deve, inoltre, segnalarsi che forte è la conflittualità esistente fra le parti, non solo, in ragione della modalità dei fatti esposti e degli interessi economici sottesi, ma anche, in considerazione della reciprocità delle denunce/querele sporte. Tale emergenza impone di valutare con estremo rigore le dichiarazioni della persona offesa ricercando riscontri esterni di valenza oggettiva. In ordine alle dichiarazioni rese dal (omissis) deve sottolinearsi che questo oltre ad essere legato alla persona offesa da vincoli familiari non è stato presente al momento dell’ asserita aggressione. Si ritiene, infine, che anche la certificazione medica in atti non riveste valenza di riscontro oggettivo. Ed invero, i sanitari lungi da constatare un’alterazione patologica dell’‘organismo hanno evidenziato in sede di esame obiettivo esclusivamente la dichiarata dolorabilità del braccio destro (Cass. Sez. II sentenza n. 15420 del 12 marzo 2008). Tale emergenza trova conferma nel successivo accertamento diagnostico effettuato a seguito di esame radiografico (“non apprezzabili lesioni ossee di significato traumatico recente. Conservati i rapporti articolari”); ritenuto, melius re perpensa, che, trattasi di questione spiccatamente civilistica e che le ulteriori indagini come indicate nell’atto di diretto alla prosecuzione dell’attività investigativa, appaiono superflue e non dirimenti in punto di configurabilità del reato per cui si procede; P.Q.M. Visti gli articoli 409 e 411 C.p.p. dispone l’archiviazione del procedimento e ordina la restituzione degli atti al pubblico ministero in sede. Velletri, 29 gennaio 2018.
Duplice valutazione sulla “decisività” della prova , compiuta dunque dal Gip in sede di opposizione della persona offesa : la prima sulla attendibilità delle funzioni narrative rese dal parente della donna , la seconda sulla diagnosi del Pronto Soccorso a radicare il reato di lesioni.
Breve premessa di diritto sostanziale : il Giudice ha errato anche il riferimento alla decisione n. 15420/2008 , poiché in quell’occasione i Giudici di legittimità hanno affermato che : “la differenza fra il reato di percosse e quello di lesioni personali va ravvisato nel fatto che, nella prima ipotesi, dalla condotta posta in essere deriva al soggetto passivo soltanto una sensazione fisica di dolore, mentre nella seconda ipotesi, deriva una malattia, ossia una alterazione, anche solo funzionale, che comporti un processo di reintegrazione sia pure di breve durata. Ed alla stregua di quanto sopra deve ritenersi che la contusione escoriata costituisce malattia perchè, ledendo sia pur superficialmente il tessuto cutaneo, non si esaurisce in una semplice sensazione dolorosa ma importa una alterazione patologica dell’organismo; ed al pari la cervicoalgia comporta una, sia pur limitata, alterazione funzionale del rachide cervicale, che non si esaurisce in una semplice sensazione di dolore al momento del fatto ma comporta dei postumi anche se di non grave rilevanza.” Ebbene , nella fattispecie era stata concessa anche una prognosi di 5 gg pertanto l’alterazione funzionale era evidente ! Poteva anche trattarsi di percosse e il Gip avrebbe dovuto in tal caso ordinare l’imputazione coatta in presenza di regolare querela , ma il caso in questione radicava senza ombra di dubbio il reato di lesioni .
Ma il punctum dolens della questione verte tutto sulla valutazione compiuta dal Gip sulla “decisivita” del materiale istruttorio, perché a noi sembra che siano altri i canoni che debbono presiedere alla decisione del Gip nella fase che qui interessa: cfr Cass. pen. Sez. I, 12/01/1993, n. 50
Tirone “Presupposto per l’emissione di una sentenza di non luogo a provvedere sulla richiesta dal p.m. di emissione del decreto di rinvio a giudizio è che risulti , secondo la formulazione letterale dell’art. 425 c.p.p. che richiama il principio generale affermato dall’art. 129 stesso codice, e che deve essere interpretato nel senso che alla prova positiva dell’innocenza va equiparata la totale mancanza di prova della colpevolezza; quest’ultima, peraltro, non va confusa con il giudizio di insufficienza di prove a condurre alla condanna, atteso che nel nuovo sistema processuale la prova si forma nel dibattimento ed è al giudice di tale fase che compete il giudizio, mentre, d’altro canto, separate regole per la situazione di insufficienza od inidoneità della prova sono dettate dall’art. 125 disp. att., che riserva in tal caso al p.m. la valutazione in ordine all’opportunità di richiedere l’archiviazione.”
Certo è che l’osmosi tra le regole che presiedono alla decisione del Gip in sede di archiviazione con quella del Gup in sede di sentenza di non luogo a procedere, hanno allargato lo spazio di manovra del Gip archiviante (cfr Trib. Macerata, 20/09/2000 in Arch. Nuova Proc. Pen., 2001, 92 “Come si desume dall’art. 425 comma 3 c.p.p., dopo la novella dell’art. 24 l. n. 479 del 1999, è ormai evidente la coincidenza fra il criterio valutativo dell’archiviazione e quello dell’udienza preliminare”), ma, riteniamo, che, farlo assurgere a – poco ci manca – Giudice della Prova, comporti una totale alterazione del sistema processuale delineato dal legislatore.
Che poi sia il primo sintomo della introduzione, di una nuova era della politica degli affari penali questo sarà interessante verificarlo sul campo delle nuove proposte normative, sempre nel rispetto dell’obbligatorietà dell’azione penale ex 112 Cost.
L’ANNULLAMENTO CON RINVIO , EX ART. 623 C.P.P. , DELL’ORDINANZA DI RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE , PUO’ TORNARE DINANZI ALLA STESSO (I) GIUDICE (I) ? (FRASCATI GENNAIO 2020)
Da un interessante scambio di opinioni con un alto Magistrato della Corte di Appello di Roma, abbiamo deciso di tentare una risposta al quesito, atteso il disagio in cui vertono determinate sezioni per la scarsità di Giudici che rendono estremamente difficoltosa la rotazione degli stessi dopo l’annullamento con rinvio dalla Cassazione.
La scelta di comporre i collegi con Magistrati diversi sembra – però – più rispondente a canoni di opportunità (stante la clausola “aperta” di cui all’art. 36 lett. h) c.p.p.) che a quelli imposti dal diritto vivente .
Ricordiamolo , l’art. 623 c.p.p. stabilisce (lett a) : se è annullata un’ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l’ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento ..” I commi successivi stabiliscono che solo in caso di annullamento di “sentenza” vige la regola dell’avvicendamento con altro Giudice ( o collegio) .
Non abbiamo rinvenuto precedenti di legittimità sul caso specifico delle ordinanze rese in materia di ingiusta detenzione , ma possiamo fondatamente ritenere che il rinvio potrebbe giungere sul tavolo dello stesso Giudice (Collegio) che ha emesso la decisione annullata.
La ratio dell’art. 623 c.p.p. risiederebbe nella natura (più amministrativa che giurisdizionale) delle ordinanze rispetto alle sentenze.
Vero che la Corte costituzionale, con sentenza 3-9 luglio 2013, n. 183 (Gazz. Uff. 17 luglio 2013, n. 29 – Prima serie speciale) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della lettera a) nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, e della disciplina del concorso formale, ai sensi dell’art. 671 c.p.p.; ma lo ha fatto affermando la natura “cognitiva” della decisione ex art. 671 c.p.p. , che incide notevolmente sull’aspetto dosimetrico della sanzione penale ( in virtù della scelta legislativa di recuperare in fase esecutiva un aspetto “ignorato” in fase cognitiva) .
Tanto è vero che la stessa giurisprudenza di legittimità, ha affermato che le ordinanze rese in materia di liberta personale ( Tribunale del Riesame ex art. 309 c.p.p. o anche Corte di Appello ex art. 310 c.p.p.) dopo l’annullamento della Cassazione possono essere decise dagli stessi giudici ( Cass. pen. Sez. VI Sent., 26/03/2014, n. 33883 rv. 261076), anche se vi è qui l’ulteriore motivazione della “precarietà” della decisone cautelare (vale rebus sic stantibus).
A tal proposito merita di essere menzionata la sentenza Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-02-2009) 08-05-2009, n. 19654 , resa a proposito di annullamento con rinvio di ordinanza di archiviazione recapitata allo stesso Giudice che l’aveva pronunciata , ovviamente la Corte Suprema rigetta il ricorso che se ne doleva e riafferma incontestabilmente la dicotomia “sostanziale” tra ordinanza e sentenza : “….nel caso in cui venga annullata una ordinanza, gli atti vanno trasmessi al giudice che l’ha pronunciata che, non contenendo la norma la specifica previsione della diversità, può essere anche la stessa persona fisica che ha emesso il precedente provvedimento. Trattasi peraltro di un principio che anche questa Corte ha ripetutamente avuto modo di affermare, sia con riferimento ai provvedimenti in materia “de libertate” (Sez. 6^, 20 aprile 2005 n. 22464, Saraceni, rv. 232236, Sez. 1^, 7 ottobre 2003 n. 23502, Montini, rv. 228125, Sez. 6^, 19 giugno 2003 n. 36332, Zorzi, rv. 228411, Sez. 6^, 2 febbraio 2006 n. 11662, Castelluccia, rv. 233828) laddove si è ribadito che la disciplina dell’incompatibilità deve essere circoscritta “ai casi di duplicità del giudizio di merito sullo stesso oggetto”; sia con specifico riguardo ai provvedimenti di archiviazione come espressamente affermato, in motivazione, da sez. 3^, 15 febbraio 2006 n. 12439, P.O. in proc. Marchesi. Manifestamente infondata è, poi, la questione di legittimità costituzionale sollevata, in subordine, dal ricorrente perché, come opportunamente ha osservato il Procuratore Generale presso questa Corte, la situazione del giudice la cui ordinanza o decreto sono stati annullati dalla Corte di Cassazione non è analoga né paragonabile a quella nella quale il giudice abbia formulato un vero e proprio giudizio di merito sulla responsabilità dell’imputato, situazione che è l’unica a poter dar luogo ad incompatibilità ex art. 34 c.p.p.. “
L’ultimo obiter dictum della sentenza appena riportata ci consegna, a nostro modesto parere , la vera ragione che consente il rinvio sul tavolo dello stesso Collegio per le ordinanze di ingiusta detenzione, ossia la natura “civile” del procedimento de quo , in riferimento al quale il Giudice di legittimità ha escluso qualsiasi coinvolgimento della disciplina in materia di astensione e ricusazione (che è alla base del meccanismo ex art. 623 .p.p.) ; qui , di contro, le pronunce fioccano: cfr. da ultimo Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-03-2019) 06-06-2019, n. 25152 “Nel caso del giudizio di riparazione, invero, il giudizio non verte sul reato, dal quale il ricorrente è sempre stato assolto o prosciolto, ma sulla sua condotta in ordine all’emissione ed al mantenimento della misura cautelare. Il procedimento per la riparazione per l’ingiusta detenzione, invero, ha natura civilprocessualistica ed è del tutto diverso dal processo penale da cui trae origine; pertanto non possono applicarsi ad esso, perché inconfigurabili, le situazioni di incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento previste dall’art. 34 c.p.p. (cfr. Sez. 4, n. 113 del 31/01/1994 – dep. 16/03/1994, Corrias, Rv. 19697201)…”
Comunque sia , se nessuno se ne duole con la richiesta di ricusazione da far valere nei termini rigorosi ex art 38 c.p.p. , la decisione è salva (Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-04-2019) 17-10-2019, n. 42573.
In definitiva non solo possono partecipare al procedimento di ingiusta detenzione (di rinvio) , gli stessi Magistrati che hanno formato la decisione poi annullata , ma la stessa facoltà spetta anche a coloro che hanno partecipato al Giudizio di merito che ha assolto l’imputato (a questo si riferiva la pronuncia della Cassazione nr 25152/19 appena citata.).
L’EQUO COMPENSO NELLE DECISIONI DEI GIUDICI PENALI ( GRATUITO PATROCINIO E DIFESA D’UFFICIO) ED IL SISTEMA DEI PROTOCOLLI (FRASCATI FEBBRAIO 2020)
Qui si intersecano due punti nevralgici a tutela di una parte economicamente più debole : la difesa del non abbiente e la tutela dell’onorario (affinché raggiunga una soglia “dignitosa”) del difensore che lo assiste.
Partiamo dal primo (e più importante) istituto del patrocinio dei non abbienti, che sta vivendo molte criticità, tra le tante, un’interpretazione distorta (ci verrebbe da dire contra reum) delle norme che disciplinano l’ammissione (artt. 74 e ss. DPR 115/2002) : la legislazione vigente sembra non lasciare spazio a dubbi di sorta , ossia ricorrendo i requisiti di ammissibilità (dati anagrafici, codice fiscale, reddito, composizione famiglia redditi dei familiari conviventi etc..) il Giudice non può far altro che ammettere l’imputato al beneficio; se tra le notizie indicate nell’istanza scorge qualche dubbio sull’indigenza effettiva, può attivare il rimedio preventivo (ex art 96 co. II° DPR cit.) o successivo ( art 98 DPR cit.) all’ammissione , consistente nelle verifiche fiscali svolte dagli Uffici finanziari competenti .
La prassi ci consegna , diversamente, casi di decisioni di inammissibilità ( o di rigetto) tra le più “ingegnose” per non dire velatamente ( ma non troppo) “insofferenti” all’istituto , tutte più o meno attestate sul luogo comunque che chi delinque deve sapersi pagare anche l’avvocato.
Il rimedio a decisioni negative illegittime è impossibile da attivare per il vero indigente: deve sborsare , per proporre opposizione al diniego del patrocinio (cfr art. 99 DPR cit. ) un contributo unificato di € 98,00 oltre una marca da bollo di € 27,00 e un minimo di onorari al difensore (il minimo assoluto della fase si attesta su € 850,00), instaurando un vero e proprio rito sommario di cognizione ex art 702 bis c.p.c. seppur dinanzi ad un Giudice penale (a Velletri lo consentono solo con l’iscrizione telematica “civile”, con l’evidente “ falla” che in caso di ricorso in cassazione la cancelleria “civile” non è attrezzata per inviare un ricorso in Cassazione – da proporsi nelle forme del rito penale – che deve essere discusso dalla IV° sez. penale , ma qui occorrerebbe dilungarsi sul punto, speriamo di farlo prossimamente).
A questo punto delle due l’una : o l’avvocato rinunzia al mandato (raro) oppure non se la sente di abbandonare il cliente (specialmente se ha avuto modo di saggiarne l’indigenza) e continua ad assisterlo, morale della favola il patrocinio a spese dello stato diventa patrocinio a spese dell’avvocato !!
Si potrebbe obiettare : le esigenze finanziarie delle casse statali impongono un certo rigore , e la congiuntura economica sfavorevole , inaugurata dalle crisi finanziarie post 2008, non accenna a diminuire, con il ricorso sempre più frequente all’istituto della difesa dei non abbienti, e gli onorari da liquidare sempre più numerosi .
Ecco perché un giusto compromesso tra le contrapposte esigenze di salvaguardare la contabilità generale dello stato da un parte e la difesa del non abbiente dall’altra (l’istituto, ricordiamolo, non può essere soppresso giusto art. 24 Cost , art. 47 par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 6, par. 3, lett. c) della CEDU e art. 14, par. 3, lett. d) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici) si potrebbe rivelare il sistema dei protocolli per la liquidazione standardizzata degli onorari.
Sarà anche solo l’opinione (non tanto isolata) di chi scrive, ma questi onorari da liquidare così numerosi, a noi ci sembrano in realtà poco dignitosi !
Il Consiglio Nazionale Forense se ne è accorto (eccome) ed ha introdotto , già dal 08 Giugno 2016 un “protocollo” che recepiva pregressi accordi tra alcuni Consigli dell’ordine e Uffici Giudiziari locali, accordi già presenti a quella data sul territorio nazionale .
Si tratta di stabilire l’onorario (fisso) per delle ipotesi base : ad esempio dinanzi al Tribunale ne sono elencate nove , e quindi, dal più semplice alla più complessa , ad esempio sentenze ex 129 c.p.p., patteggiamenti, direttissime con convalida, rito abbreviato semplice , rito abbreviato condizionato, dibattimento senza fase introduttiva, dibattimento con fase introduttiva, dibattimento con oltre tre testi esaminati senza fase introduttiva e infine con fase introduttiva.
A questo assetto di ipotesi base sono introdotti dei correttivi : per elevato numero di udienze diverse da quelle di mero rinvio, per la presenza di detenuto/i, per la contestazione di più capi d’imputazione, per la pluralità di parti difese o in conflitto, per la competenza del Tribunale Collegiale) .
In questo modo : a) si rendono omogenee le liquidazioni per attività professionali simili , anche se svolte in città diverse, e non si crea una disparità di trattamento in alcun modo giustificabile, considerato anche che l’Erario ha carattere nazionale; b) si scongiurano sul nascere opposizioni alle liquidazioni con deflattività di ogni contenzioso; c) si velocizza l’iter per la liquidazione dell’onorario al difensore , che già deve attendere tempi biblici ( preferiamo non dilungarci sul punto…) per vedersi liquidato un onorario che non può chiedere comunque prima del termine del relativo grado (o fase) di giudizio; d) non si contravviene ai minimi tariffari.
L’importanza di salvaguardare quest’ultimo punto risale anche dalla giurisprudenza di legittimità sempre più consolidata verso l’inderogabilità degli stessi : cfr Cassazione, ordinanza 31 agosto 2018, n. 21487, Cass. civ. sez. II, 17 gennaio 2018, n. 1018; specificamente per le liquidazioni in materia di patrocinio a spese dello stato vedasi di recente Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 6686/19 depositata il 7 marzo (conformi Cass. civ. sez. VI – 3 4 luglio 2018, n. 17577 Cass. civ. sez. VI – 2 , 19 dicembre 2017, n. 30484 Cass. civ. sez. II 19 dicembre 2017, n. 30529 Cass. civ. sez. Unite 12 ottobre 2012, n. 17405.
Risalta a questo punto l’opportunità di adottare suddetti Protocolli: ma, sebbene gli accordi tra Consigli dell’Ordine e uffici Giudiziari , dal 2016 in poi, sono diventati sempre più numerosi , a tutt’oggi non si sono ancora diffusi capillarmente .
Prendiamo ad esempio il Lazio , ove La Corte di Appello penale in data 26 06 2018 ha stipulato, ai fini della liquidazione standardizzata, l’accordo con tutti i Presidenti dei Consigli dell’ordine del distretto, e quindi con Cassino, Civitavecchia, Frosinone, Latina, Rieti, Tivoli, Velletri e Viterbo; qa questo punto l’appello penale è tutto “coperto” dal sistema del Protocollo, idem non può dirsi per il 1 ° grado di giudizio dove è stato adottato un Protocollo presso il Tribunale di Roma ( 11 12 2015), Tribunale di Civitavecchia (09 05 2016) , Tribunale Cassino (25 10 2016), Tribunale di Latina (05 07 2018) , Tribunale di Frosinone (18 01 2019 ) e infine Tribunale di Viterbo (27 12 2019) .
Rimangono “fuori” ancora Velletri , Tivoli e Rieti (anche se qui un protocollo risulta , di fatto , esistente fn dal 2018, ossia anche se non “siglato” ,vedasi http://www.ordineavvocatirieti.it/node/2180) ove vige l’ordinario sistema di liquidazione dell’onorario , e che , ci auguriamo, venga sostituito al più presto con l’omologo del Protocollo adottato quasi dappertutto nel distretto laziale.
Il CNF ha peraltro , come ben sappiamo, istituito, tramite un apposito Protocollo di intesa con il Ministero di Giustizia del 02 07 2019, un nucleo centrale di monitoraggio sull’equo compenso , arricchito da altrettanti nuclei locali dislocati per ogni Consiglio dell’Ordine , e tale nucleo avrà , tra l’altro , il compito di monitorare (art. 3 lett. a) il rispetto della relativa disciplina “anche da parte dell’Autorità Giudiziaria” (il Consiglio Nazionale Forense, con delibera del 20 aprile 2018, ha già istituito un nucleo interno di monitoraggio sulla corretta applicazione dell’ equo compenso da parte dei clienti forti e dei parametri da parte dei giudici). In conclusione l’adozione capillare dei protocolli scongiurerebbe ulteriori lavori al nucleo centrale ( e locali) di monitoraggio in riferimento ai compensi provenienti dall’Autorità Giudiziaria , che si rivelerebbero “equi” ab origine .
PROCESSO PENALE TELEMATICO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS (FRASCATI APRILE 2020)
L’art. 83 D.L. n. 18/2020 comma VI° ( c.d. decreto cura Italia) prescrive di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone (nelle restrizioni definite alle lettere a),b) e c) di cui al successivo comma VII°); in generale anche l’art. 87 co. I° D.L. cit. sottolinea che il lavoro agile dovrà assurgere a modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni.
Conosciamo il destino delle udienze che si debbono svolgere e quelle da rinviare, così come abbiamo contezza della sospensione di tutti i termini processuali, ma non vi è una regolamentazione specifica delle attività che possono svolgere le cancellerie, gap da colmare con apposite determinazioni dirigenziali, nella migliore delle ipotesi consacrate nei protocolli stipulati a livello locale che contemplano la partecipazione dell’avvocatura.
Verrebbe da dire che il lavoro da remoto che possono svolgere i dipendenti delle varie cancellerie potrebbe consentire per lo meno lo scambio di documenti in formato pdf con il difensore specialmente in quei casi in cui non è necessario assolvere il pagamento dei diritti di copia perché esenti in virtù di ammissione al patrocinio statale ; oppure consentirne comunque il rilascio via pec o via mail facendo giungere in cancelleria (ad es. a mezzo posta o a mezzo modello F23) la relativa marca .
In attesa quindi che il pagamento on line delle spese di giustizia si estenda anche ai diritti di copia degli atti penali essendo attivo il solo pagamento del contributo e delle marche da bollo nel processo telematico civile, registriamo, ma non ne siamo sorpresi, una certa riottosità ad assimilare le novità del lavoro telematico; sappiamo ad esempio che la cancelleria del Tribunale di Velletri non svolge attività da remoto (neanche quelle più semplici , quale l’invio di una sentenza pdf nel caso di ammissione al patrocinio ), e che dire, basterebbe poco , ossia dotare almeno un addetto delle relative chiavette o smart card con cui evadere le istanze dei difensori .
E sebbene La possibilità di ricorrere al deposito di istanza a mezzo PEO e PEC da parte dei difensori sia ormai ampiamente riconosciuta dagli addetti ai lavori (cfr https://www.unicost.eu/emergenza-corona-virus-faq-sul-processo-penale-telematico/), non siamo convinti che si sia apprestata, almeno sino ad ora, un’organizzazione adeguata.
Sappiamo degli utilissimi strumenti esistenti sulla piattaforma polisweb, ossia “trascrizioni verbali di udienza”, “servizio 335”, “Servizio 415 bis”, ma non tutti i consigli dell’ordine sono “convenzionati” (in quel contesto è consentito oltretutto il pagamento dei diritti di copia on line).
D’altronde da tempo immemorabile caldeggiamo (cfr i numerosi contributi presenti su questo sito) la possibilità di utilizzare lo strumento della pec per liberare le cancellerie dagli avvocati (e loro delegati).
Nel momento (inaspettatamente propizio) è ora che si faccia definitiva chiarezza; anche perché il ritorno alla socialità si profila lontano.
[1] La dizione testuale verbalizzata potrebbe variare .
[2] Vedasi anche Cass. pen. Sez. VI Sent., 12/11/2008, n. 45807 (rv. 241754) <<In tema di correlazione tra sentenza ed accusa contestata, la regola di sistema espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), secondo cui la garanzia del contraddittorio deve essere assicurata all’imputato anche in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto operata dal giudice ex officio, è conforme al principio statuito dall’art. 111, secondo comma Cost., che investe non soltanto la formazione della prova, ma anche ogni questione che attiene la valutazione giuridica del fatto commesso. Ne consegue che si impone al giudice una interpretazione dell’art. 521 comma primo cod. proc. pen. adeguata al “decisum” del giudice europeo e ai principi costituzionali sopra richiamati. (Corregge errore materiale, Cass. Venezia, 12 Giugno 2002)>>
[3]Massima:<<È causa di nullità generale a regime intermedio, per violazione del diritto di difesa, la riqualificazione dell’imputazione operata in sentenza senza il previo contraddittorio, per quanto sia più favorevole per l’imputato. (Annulla con rinvio, Trib.Teramo s.d. Giulianova, 18/02/2010)>>
[4] I riferimenti alla qualificazione giuridica si colgono anche nella definizione codicistica dell’imputazione <<enunciazione del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge>> (art. 417 c.p.p., comma 1, lett. b); art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c) )
[5] In attuazione di quanto disposto dall’art 4 cit in relazione all’accertamento di funzionalità dei singoli uffici giudiziari vedi, per la Corte di appello di Milano – settore civile – il D.M. 28 maggio 2010; per il Tribunale di Monza – settore civile, il D.M. 28 maggio 2010; per il Tribunale di Modena – settore civile – il D.M. 2 luglio 2010 ; per il Tribunale di Rimini – settore civile il D.M. 2 luglio 2010; per il Tribunale di Bologna – settore civile – il D.M. 25 ottobre 2010; per il Tribunale di Brescia – settore civile – il D.M. 12 novembre 2010; per la Corte d’appello di Brescia – settore civile – il D.M. 12 novembre 2010- per la Corte d’appello di Venezia – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Bassano del Grappa – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Verona – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Belluno – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Treviso – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Venezia – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Vicenza – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Rovigo – settore civile – il D.M. 28 gennaio 2011; per il Tribunale di Padova – settore civile – il D.M. 4 febbraio 2011; per il Tribunale di Cremona – settore civile – il D.M. 4 febbraio 2011; per il Tribunale di Reggio Emilia – settore civile – il D.M. 21 febbraio 2011; per il Tribunale di Crema – settore civile – il D.M. 21 febbraio 2011; per il Tribunale di Catania – settore civile – il D.M. 1° aprile 2011; per il Tribunale di Lecco – settore civile – il D.M. 26 luglio 2011; per il Tribunale di Verbania – settore civile – il D.M. 26 luglio 2011; per il Tribunale di Genova – settore civile – il D.M. 22 settembre 2011; per il Tribunale di Firenze – settore civile – il D.M. 10 novembre 2011; per la Corte d’appello di Perugia – settore civile – il D.M. 10 novembre 2011; per il Tribunale di Ravenna – settore civile – il D.M. 10 novembre 2011; per il Tribunale di Sondrio – settore civile – il D.M. 10 novembre 2011; per il Tribunale di Pavia – settore civile – il D.M. 24 novembre 2011; per il Tribunale di Busto Arsizio – settore civile – il D.M. 24 novembre 2011; per il Tribunale di Varese – settore civile – il D.M. 30 novembre 2011; per il Tribunale di Aosta – settore civile – il D.M. 28 dicembre 2011; per il Tribunale di Biella – settore civile – il D.M. 28 dicembre 2011; per il Tribunale di Termini Imerese – settore civile – il D.M. 28 dicembre 2011; per il Tribunale di Asti – settore civile – il D.M. 26 gennaio 2012; per il Tribunale di Prato – settore civile – il D.M. 26 gennaio 2012; per il Tribunale di Perugia – settore civile – il D.M. 26 gennaio 2012; per il Tribunale di Ancona – settore civile – il D.M. 26 marzo 2012; per il Tribunale di Spoleto – settore civile – il D.M. 3 aprile 2012; per il Tribunale di Ivrea – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per il Tribunale di Alessandria – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per il Tribunale di Vigevano – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per il tribunale di Siracusa – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per il tribunale di Ragusa – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per il tribunale di Bergamo – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per il tribunale di Mantova – settore civile – il D.M. 23 maggio 2012; per la Corte d’Appello di Catania – settore civile – il D.M. 15 giugno 2012; per il tribunale di Como – settore civile – il D.M. 15 giugno 2012; per il tribunale di Lecce – settore civile – il D.M. 15 giugno 2012; per il Tribunale e la Procura della Repubblica di Torino – settore penale – il D.M. 12 settembre 2012.
[6] l’art. 96, sull’invio della nomina del difensore; l’art. 152 sulle notificazioni richieste dalle parti private; l’art.154 sulle notificazioni alla persona offesa; l’art.157; l’art.162 sulla comunicazione del domicilio dichiarato o eletto; l’art.169 sulle notificazioni dell’imputato all’estero, l’art. 583 sulla spedizione dell’atto di impugnazione.
[7] Vedasi art. 96, sull’invio della nomina del difensore, l’art. 152 sulle notificazioni richieste dalle parti private; l’art.154 sulle notificazioni alla persona offesa; l’art.157; l’art.162 sulla comunicazione del domicilio dichiarato o eletto;l’art.169 sulle notificazioni dell’imputato all’estero, l’art. 583 sulla spedizione dell’atto di impugnazione.
1 (in Tribunale di Sorv di Roma con altra decisione, n. 2089/13 (udienza 17 04 13), diversa da quella che ha provocato l’annullamento ad opera della Corte di legittimità nella sentenza che oggi si commenta, si chiede la specificità di un offerta non bastando la dichiarazione di disponibilità a risarcire dell’interessato non riscontrata; si segnala che la maggior parte delle decisioni sotto indicate ed annullate dalla Corte Suprema provengono dallo stesso Tribunale capitolino)
2 Cerquetti, «Riabilitazione», in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 306.
3 Relazione del guardasigilli al nuovo codice penale, in Lavori preparatori, VIII, Roma, 1930, 81
4 Vedasi Cass. pen. Sez. I Sent., 21/09/2007, n. 39468 citata dalla decisione in commento
5 Cass. pen. Sez. I, 19/05/1993, n. 2382 secondo cui <<L’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, stabilito come presupposto della riabilitazione dall’art. 179 comma 4 n. 2 c.p., ha valore dimostrativo dell’emenda del condannato e non deve essere valutato sotto il profilo strettamente civilistico, essendo sufficiente che risulti la volontà di adempiere, anche in minima parte, secondo le possibilità economiche del soggetto interessato>>
6 (Cass. pen. Sez. I, (ud. 25-11-2008) dep 11-12-2008, n. 45765).
7 Cass. pen. Sez. I, 10/12/1990; Cass. pen. Sez. I, 01/02/1994, n. 640; C., Sez. I, 5.6.1989).
8 Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-07-2010) 13-09-2010, n. 33527
9 Ovvio che il condannato è onerato dalla prova di offrire adeguata documentazione in ordine all’adempimento (da ultimo Cass. pen. Sez. I, 16/11/2011, n. 7752 (rv. 252412)
10 (C., Sez. I, 13.4.2011, n. 20560; C., Sez. I, 25.3.2011; C., Sez. I, 21.9.2007; C., Sez. I, 2.12.2005),
1 Pisa, Prescrizione (diritto penale), in ED, XXXV, Milano, 1986, 81.
2 Cass. pen. Sez. I, 22/09/1999, n. 5111; Cass. pen. Sez. V, 20/03/1998, n. 1775. In senso contrario C., Sez. VI, 13.3.1997)
3 Ma vedi da ultimo Cass. pen. Sez. I, 24/10/2012, n. 46691 (rv. 253974)
4 Cass. pen. Sez. I, 13/01/2012, n. 10924 (rv. 252553); Cass. pen. Sez. I, 21/05/2009, n. 26748 (rv. 244714)
5 Cass. pen. Sez. I, 10/06/1997, n. 4060; Cass. pen. Sez. V, 21/10/1982 Izzi
6 Cass. pen. Sez. I, 22/12/2006, n. 5854
7 Cass. pen. Sez. I Sent., 21-10-2008, n. 44061 (rv. 241836)
8 Cass. pen. Sez. V Sent., 26-06-2008, n. 37550 (rv. 241945)
9 Cass. pen. Sez. V Sent., 26/06/2008, n. 37550
10 C., Sez. I, 12.7.1968 ; C., Sez. V, 21.2.1968.
11 Cass. pen. Sez. I, 26/05/2010, n. 23878
12 Cass. pen. Sez. I, 27-10-2009, n. 46138 (rv. 245504)
13 Cass. pen. Sez. I Sent., 16-01-2007, n. 9854 (rv. 236289)
1 Chissà se la fortissima crisi economica in atto entrerà nell’ermeneutica tradizionale sub specie di interpretazione sistematica.
1 Le conseguenze dirompenti di siffatta rivoluzione metodologica si potranno avvertire, in modo più incisivo, per quello che concerne la spedizione degli atti di impugnazione (oltre alle impugnazioni ordinarie, ove vige l’art. 583 c.p.p., quelle che si richiamano a tale disciplina: ad esempio, la dichiarazione di riesame ex art. 309 c.p.p.).
2 In concreto lo scrivente ha già inviato , con successo , pec all’ufficio di Procura all’indirizzo prot.procura.velletri@giustiziacert.it